Il sole a scacchi 2015

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view post Posted on 8/1/2015, 21:05




AUGUSTA (SIRACUSA) - Un uomo di 43 anni, Sebastiano Zammitti, il figlio Angelo, di 20, ed un 21 enne, Sebastiano Ternullo, sono stati arrestati dai carabinieri a Melilli (Siracusa) con l'accusa di aver aggredito il 25 ottobre scorso, procurandogli alcune lesioni, il titolare di un locale del paese nell'ambito di una richiesta di pizzo. I tre l'avrebbero anche minacciato di incendiargli l'esercizio commerciale. Sebastiano Zimmitti avrebbe inoltre vantato la propria appartenenza al Clan Nardo.

I militari hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Catania su richiesta di quella Procura Distrettuale Antimafia. Appreso dell'aggressione i militari, certi del fatto che il titolare del locale non avrebbe denunciato l'accaduto per paura di eventuali azioni ritorsive, hanno acquisito autonomamente i filmati registrati dal sistema di video sorveglianza.

La vittima ha dapprima negato qualsiasi tipo di problema avvenuto all'interno del suo esercizio pubblico ma una volta mostrategli le riprese estrapolate ha ammesso l'aggressione aggiungendo che questa era da ricondurre ad un tentativo estorsivo. Sebastiano Zimmitti e Sebastiano Ternullo sono stati rinchiusi nel carcere di Catania-Bicocca. Angelo Zimmitti è stato posto agli arresti domiciliari perché impossibilitato a camminare perché appena dimesso dall'ospedale, dove aveva subito un intervento chirurgico per una frattura scomposta del femore sinistro
 
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view post Posted on 27/1/2015, 15:04




ORLEONE (PALERMO) - I carabinieri di Corleone e di Monreale hanno eseguito quattro arresti nell'ambito di una indagine antimafia fra i comuni di Corleone, Belmonte Mezzagno e Villafrati. Nel blitz sono stati impegnati decine di militari, unità cinofile e un elicottero.

Dall'inchiesta, coordinata dall'aggiunto Leonardo Agueci e dai pm Sergio Demontis e Caterina Malagoli della Dda di Palermo, emergono i nuovi assetti di Cosa nostra a Corleone, Misilmeri e Belmonte Mezzagno. Scoperta anche una serie di estorsioni a carico di imprenditori e commercianti. Diverse vittime avrebbero collaborato all'indagine.

Nell'ambito dell'operazione sono finite in manette quattro persone, tra presunti boss e gregari, indagati per il reato di estorsione, aggravato dall'essere stato commesso con l'aggravante del metodo mafioso. I provvedimenti scaturiscono dal prosieguo dell'operazione "Grande Passo" che nel settembre scorso ha colpito presunti esponenti delle famiglie mafiose della zona.

Le indagini, sviluppate attraverso attività tecniche e servizi di osservazione e pedinamento, ma anche grazie alla collaborazione delle vittime delle estorsioni, hanno permesso di ricostruire l'intero assetto delle famiglie mafiose di Palazzo Adriano e Corleone e i rapporti del mandamento con quelli limitrofi, in particolare con la famiglia mafiosa di Villafrati.

Nel corso delle indagini, sono stati ricostruiti 4 nuovi casi di estorsione, ai danni di imprenditori impegnati nel settore dell'edilizia e del commercio, sia nelle fasi dell'apertura sia della gestione degli esercizi commerciali.

Per la prima volta, sottolineano gli investigatori, è stata constatata la preziosa collaborazione delle vittime che hanno offerto il loro contributo, abbandonando l'atteggiamento di reticenza che finora ha caratterizzato gli imprenditori e i commercianti che operano nel territorio di Corleone.

Si rompe così il muro di omertà a Corleone, luogo simbolo del potere mafioso. Un commerciante finito nel mirino del racket, titolare di un autosalone, ha confermato agli inquirenti la pressione delle cosche. La vittima è stata intercettata dai carabinieri mentre chiedeva uno sconto sul pizzo. Convocata dai carabinieri ha negato, come spesso accade, ma ha raccontato anni di soprusi e vessazioni.

"È un ottimo segnale - ha detto il comandante del gruppo Monreale Pierluigi Solazzo - i commercianti, già stritolati dalla crisi, non possono più sopportare anche la pressione mafiosa".

Nell'inchiesta sono coinvolti tra l'altro un mafioso già arrestato con l'accusa di avere garantito al boss Bernardo Provenzano i proventi di estorsione e un fedelissimo del capomafia Antonino Di Marco, finito in cella nell'operazione Grande Passo.

Tra gli uomini delle cosche c'erano anche due insospettabili: Antonino Lo Bosco, pensionato di 84 anni, e Francesco Scianni, 63 anni, ex cantoniere. L'inchiesta ha accertato tre episodi di estorsione uno a Bolognetta, uno a palazzo Adriano e due a Misilmeri.

I commercianti, messi alle strette dalle intercettazioni, hanno confermato le richieste estorsive. I due insospettabili, oltre a chiedere il pizzo, mantenevano i contatti tra le vittime e le famiglie mafiose.
 
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view post Posted on 29/1/2015, 15:30




ATANIA - Carmelo Porto, 58 anni, ritenuto affiliato al clan dei Cintorino di Calatabiano è stato arrestato da carabinieri per violazione della sorveglianza speciale, alla quale è sottoposto. L'uomo è stato bloccato alla stazione ferroviaria del comune Jonico in compagnia di due presunti appartenenti alla 'famiglia' Mazzei di Catania. Uno dei due era in possesso di 6.000 euro che sono stati sequestrati a scopo preventivo dai militari dell'Arma. Porto è stato condotto nel carcere di Catania. Indagini sono in corso sul motivo dell'incontro tra gli esponenti dei due clan catanes
 
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view post Posted on 1/2/2015, 08:20




ATANIA - Nella mattinata odierna, su delega della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, la Polizia di Stato ha dato esecuzione ad ordinanza applicativa di misure cautelari, emessa lo scorso 25 gennaio dal G.I.P. del Tribunale di Catania, nei confronti di:

1) Luciano Salvatore Canaglia (cl.1987), già detenuto per altra causa

2) Antonio Francesco Manca (cl.1978), già detenuto per altra causa

3) Giuseppe Christian Miraglia (cl.1986)

4) Sebastian Rosario Spina (cl.1987)

I quattro sono ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di tentata estorsione aggravata, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio e spaccio di sostanze stupefacenti, furto aggravato e reati in materia di armi.



La misura cautelare accoglie gli esiti di attività di indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica, ed avviata dalla Squadra Mobile – Sezione Reati contro il Patrimonio - “Squadra Antiracket” nel 2011 a seguito di un tentativo di estorsione posto in essere ai danni di un imprenditore impegnato nell’esecuzione di un appalto pubblico per il rifacimento del sedime stradale nel comune di Acireale.

In particolare, alcuni individui, presentatisi più volte presso il cantiere di lavoro, avevano richiesto il pagamento di somme di denaro poiché, per stare tranquilli ed evitare che qualche escavatore potesse essere dato alle fiamme o addirittura rubato, bisognava pagare qualcosa.

Le indagini, anche di natura tecnica, hanno permesso di individuare in Canaglia Luciano Salvatore uno dei citati estortori; a lui viene contestato il reato di tentata estorsione aggravata dall’utilizzo del metodo mafioso, proprio per le modalità con cui è stata posta in essere l’azione delittuosa.

Nel corso delle indagini è, altresì, emerso che il predetto, unitamente a Manca e Spina, era dedito al traffico ed allo spaccio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e marijuana che avveniva nel territorio di Acireale. Canaglia e Miraglia rispondono anche del furto di un fucile commesso all’interno di un’abitazione di Acireale e, unitamente a Manca, di detenzione di armi da fuoco.

A Canaglia Luciano Salvatore e Manca Antonio Francesco il provvedimento è stato notificato in carcere dove si trovavano detenuti per altra causa, mentre per Miraglia Giuseppe Christian e Spina Sebastian Rosario il G.I.P. ha disposto gli arresti domiciliari. Le indagini si sono avvalse del contributo del Commissariato P.S. di Acireale.


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CATANIA - Ora ne manca solo uno all'appello. E dalla Squadra Mobile assicurano che "stanno lavorando" per chiudere il cerchio anche sull'ultimo nome dei 27 scritti nelle due ordinanze confluite nell'operazione Final blow che mercoledì scorso ha azzerato il clan dei Cursoti Milanesi. Ieri pomeriggio a Firenze è stato arrestato uno dei due ricercati che erano sfuggiti alla cattura nella retata della polizia. Matteo Mirabella, 38 anni, è stato arrestato al comune di Campi Bisenzio ed è stato accompagnato nel carcere di Sollicciano.




L'operazione ha decapitato la cosca dei Cursoti Milanesi. Per i 27 indagati, come detto ne manca ancora uno alla cattura, le contestazioni della Dda di Catania sono a vario titolo detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, tentato omicidio, estorsione e reati in materia di armi, con l’aggravante mafiosa.
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view post Posted on 9/2/2015, 15:28




L’operazione condotta dal nucleo investigativo dei carabinieri e dal nucleo speciale di polizia valutativa della guardia di finanza, ha condotto all’arresto di 27 persone per mafia ed estorsione. Tra questi anche un consigliere comunale

Importanti le testimonianze delle vittime costrette a pagare il pizzo che hanno infatti raccontato agli inquirenti di subire da anni soprusi.

In manette anche un consigliere comunale di Palermo, Giuseppe Faraone di 69 anni, della lista del governatore Crocetta Il Megafono- accusato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Il consigliere comunale arrestato Giuseppe Faraone ex esponente del centrodestra poi passato alla lista del governatore Crocetta Il Megafono, è accusato di concorso in tentata estorsione. L’uomo avrebbe chiesto soldi a un imprenditore per conto del boss di San Lorenzo Francesco D’Alessandro.


L’ordine di custodia cautelare nei suoi confronti è stato firmato dal gip Luigi Petrucci, su richiesta del procuratore aggiunto Vittorio Teresi e dei sostituti Francesco Del Bene, Amelia Luise, Annamaria Picozzi, Dario Scaletta e Roberto Tartaglia.

A finire nel miriro degli estorsori anche l’impresa che lavorava per conto della Curia nella costruzione di un grande immobile tra via Maqueda e discesa dei Giovenchi.

Insieme a due imprenditori della provincia sono state ricostruite altre 13 estorsioni ad altrettanti imprenditori. Un grosso appalto che avrebbe fruttato alle casse dei boss 30 mila euro: 15 mila a Palermo e 15 mila a Bagheria come hanno raccontato i collaboratori di giustizia.

L’inchiesta si collega all’operazione “Apocalisse” che l’anno scorso ha portato all’arresto di 95 soggetti scoprendo capi e affiliati dei mandamenti di San Lorenzo e Tommaso Natale.
 
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view post Posted on 19/2/2015, 16:57




PALERMO - I carabinieri hanno arrestato il boss mafioso di Carini (Pa) Angelo Antonino Pipitone, 71 anni, la moglie Franca Pellerito, 63 anni, le figlie Epifania, 34 anni, Graziella, 43 anni, Angela Conigliaro per trasferimento fraudolento di valori e favoreggiamento reale.

Gli arresti sono la prosecuzione dell'operazione Destino della compagnia di Carini. I provvedimenti sono stati emessi dal gip del Tribunale di Palermo, Lorenzo Jannelli, a conclusione di una prolungata attività investigativa condotta dai magistrati della Dda di Palermo.

Per Pipitone, già in cella, l'ordinanza di custodia è in carcere, le donne sono state poste ai domiciliari. Nell'operazione Destino dello scorso settembre erano stati scoperti - secondo gli investigatori - gli autori dell'incendio doloso di una stalla nelle campagne di Carini e dell'uccisione a colpi di arma da fuoco di alcuni animali che vi erano custoditi, la notte di Capodanno 2013. Secondo l'accusa si era trattato di un'intimidazione a scopo estorsivo da parte di Pipitone.

Gli investigatori, inoltre, attraverso mesi di lavoro, interrogatori e intercettazioni, erano riusciti a ricostruire anche una fitta rete di prestanome, grazie ai quali Angelo Antonino Pipitone, pur trovandosi recluso dal gennaio 2007, riusciva a gestire e ad accrescere l'immenso patrimonio occulto, fatto di ville, terreni, fabbricati industriali e società.

L'inchiesta "Destino 2" ha chiarito la vicenda legata alla vendita di una lussuosa villa di Mondello riconducibile alla famiglia Pipitone e intestata di fatto a un prestanome. In particolare, gli inquirenti sarebbero riusciti a dimostrare le "pressioni" esercitate sull'acquirente della villa dalla moglie del boss e da una delle figlie, per assicurare il pagamento dell'intero importo dell'operazione, circa 1 milione e 300 mila euro.

È stata fatta poi luce sulle operazioni per intestare in modo fittizio alla Angela Conigliaro (già amministratore unico della società "Il Girasole s.r.l.", parimenti riconducibile ai Pipitone) di un terreno di 1,75 ettari, che si trova nel comune di Carini, del valore di 250 mila euro, di fatto riconducibile alla medesima famiglia mafiosa.

Gli investigatori hanno ricostruito le varie fasi della trattativa "per l'acquisto del terreno, con il coinvolgimento di un avvocato che avrebbe prestato la propria opera professionale per la stipula di atti negoziali relativi alla compravendita del bene, con la consapevolezza di aver agito nell'interesse di Angelo Antonino Pipitone".
 
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view post Posted on 3/3/2015, 16:18




ATANIA. L'avevano definita "Mafia di Bronte". Condanna definitiva per Giuseppe Longhitano, 44 anni, e Benedetto Fazio, 52 anni. I due affiliati sono stati arrestati dai Carabinieri della Compagnia di Randazzo, con il supporto dei militari della Stazione di Bronte. I due dovranno scontare rispettivamente 6 anni e 10 mesi e 5 anni e 11 mesi nel carcere di Catania Bicocca.

Longhitano e Benedetto erano finiti in manette già nel febbraio del 2011, a seguito di vasta operazione antimafia che vide coinvolte ben 18 persone. L’indagine, che fu denominata “Gatto Selvaggio” per il fatto che durante gli appostamenti i miliatari sii imbatterono più volte nel noto felino abitante dell’Etna, permise di delineare uno scenario criminale che orbitava attorno alla culla del Pistacchio, con ramificazioni anche nelle Marche, in Lombardia ed in Toscana. L'inchiesta svelò che l’associazione mafiosa che si era insediata a Bronte operava nel business illecito degli stupefacenti ed era dedita anche alle estorsioni.

A guerra si stava consumando una vera e propria guerra per il potere criminale. Da una parte i Carcagnusi di Santo Mazzei, che avevano come referente Francesco Montagno Bozzone e dall'altra Salvatore Turi Catania, fedelissimo dei Santapaola - Ercolano. La faida culminò il 22 febbraio del 2007, con il tentativo di omicidio di Montagno Bozzone: l'agguato avvenne proprio pochi giorni dopo la sua scarcerazione. Il piano era stato organizzato dai Santapaola per vendicare l'uccisione di un affiliato.





L’inchiesta svelò inoltre un importante traffico di droga, che aveva basi persino in Lombardia e Toscana, regioni dalle quali alcuni degli affiliati facevano partire, destinazione finale Bronte, svariati quantitativi di cocaina. Diversi i sequestri di droga effettuati dai Carabinieri: il più consistente fu quello dell’agosto del 2007. I Militari misero le mani su un carico di cocaina che i corrieri stavano trasportando su una “Bmw” presa a noleggio. Un carozziere esperto aveva creato nell'auto un apposito nascondiglio all’interno del serbatoio per trasportare la droga.

Nel corso delle indagini furono sequestrate armi ma anche un motociclo e caschi integrali che sarebbero dovuti servire per un'azione di fuoco. Fu fatta luce anche su una estorsione ai danni di una sala giochi di Bronte: il titolare rifiutò di pagare e per questo subì il danneggiamento di alcune macchine da gioco.
 
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view post Posted on 3/3/2015, 22:53




Un’operazione delle polizia di Stato, coordinata dalla Dda di Caltanissetta ha smantellato i vertici mafiosi della storica ‘famiglia’ di San Cataldo. Sono state arrestate 18 persone, compreso il reggente, per associazione mafiosa, traffico di stupefacenti e prostituzione anche minorile. Quest’ultima era stata realizzata con la complicità di una coppia di romeni, irreperibili.

Secondo le indagini, i due avrebbero reperito nel loro paese ragazze giovanissime che venivano poi fatte prostituire in alcune case d’appuntamenti del Nisseno. E’ un business che Cosa Nostra siciliana in passato si è sempre rifiutata di gestire ritenendolo infamante.

Tredici persone sono finite in carcere mentre per altri sette indagati sono stati disposti i domiciliari. L’inchiesta è stata denominata in codice “Kalyroon” . Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa aggravata dall’uso di armi e d estorsione. L’inchiesta è una appendice del blitz “Tridentes”.
 
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view post Posted on 4/3/2015, 12:48




PALERMO - Stavano progettando un omicidio e avevano pianificato il pestaggio di un commerciante e il sequestro di un albergatore che non aveva ceduto alla richiesta di pizzo: azioni violente ideate dai boss del mandamento mafioso di Misilmeri-Belmonte Mezzagno (Pa) finiti in carcere questa notte. Proprio per evitare l'escalation criminale e gli attentati la Procura di Palermo ha disposto il fermo di 7 persone.

Il procuratore aggiunto di Palermo Leonardo Agueci ha sottolineato l'importanza della collaborazione delle vittime del racket del pizzo nelle indagini. "Siamo davanti a un mutamento culturale fondamentale", ha detto. "Rivolgiamo un appello accorato a chi subisce le pressioni degli estorsori: denunciate. Indagini come queste dimostrano che non ci sono vicoli ciechi. Chi si rivolge alle forze dell'ordine ha sempre delle risposte", ha aggiunto il colonnello Giuseppe De Riggi, comandante provinciale dell'Arma.

L'inchiesta è una prosecuzione dell'operazione Sisma e ha accertato che dopo la reggenza di Franco Lo Gerfo il mandamento è passato nelle mani di Giuseppe Vasta coadiuvato da 3 colonnelli: Alessandro Ravesi, Giovanni Ippolito e Aristide Neri.

I carabinieri hanno accertato 5 estorsioni a commercianti e imprenditori che, però, hanno ammesso le richieste estortive e dato un contributo rilevante alle indagini. Decisivo anche un nuovo collaboratore di giustizia, Salvatore Sollima. Sollima è di Bagheria e ha intrapreso un percorso di collaborazione da libero. Le sue dichiarazioni confermerebbero quanto già detto da altri pentiti bagheresi. Si sarebbe pentito per assicurare alla figlia, una bambina di sette anni, una vita diversa.

Questi gli arrestati nell'ambito dell'operazione denominata "Jafar": Giuseppe Vasta, 65 anni, presunto reggente del mandamento, Filippo Bisconti, 54, reggente del clan di Belmonte, Pietro Cireco, 74 anni, reggente della cosca di Bolognetta, Giovanni Ippolito, 47 anni, Aristide Neri, 35 anni, Antonino Pirrone, 45 anni e Alessandro Ravesi, 43 anni.
 
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view post Posted on 8/4/2015, 09:46




CATANIA - I carabinieri di Catania hanno eseguito un provvedimento restrittivo del gip, emesso su richiesta della Direzione distrettuale antimafia (Dda) della locale Procura, nei confronti di 16 persone ritenute appartenenti a due gruppi mafiosi operanti nel territorio di Paternò legati alle 'famiglie' Santapaola e Laudani.

I reati contestati, a vario titolo sono, associazione mafiosa, omicidio, tentato omicidio e armi. Indagini dei militari dell'Arma su un delitto e un tentativo di omicidio avvenuti nella provincia etnea nell'estate del 2014 hanno consentito di delineare le dinamiche criminali dei due sodalizi, ricostruendone le strutture e le modalità di gestione delle 'casse comuni', ma anche di scongiurare una escalation criminale per l'affermazione dell'egemonia sul territorio e sequestrare numerose armi e munizioni.

L'inchiesta si è sviluppata nel dettaglio attorno all'agguato del 27 giugno 2014 commesso nel grosso centro agricolo etneo, quando due sicari armati di pistola uccisero l'ex ergastolano Salvatore Leanza, 59 anni, indicato come un ex sicario del clan Alleruzzo-Assinnata, e ferirono gravemente sua moglie, Barbara Bonanno, di 58.

I carabinieri individuarono subito la pista giusta, collegata al ritorno sul territorio di un elemento dal passato criminale di notevole spessore che avrebbe scalato il vertice del gruppo legato alla cosca Santapaola. Alla sua ascesa si contrapponeva lo storico clan locale dei Morabito, vicino ai Laudani.

L'escalation tra le due fazioni contrapposte, collegate a 'famiglie' appartenenti a Cosa nostra di Catania, aveva poi portato all'agguato nei confronti di Antonino Giamblanco, compiuto il 30 luglio del 2014, ma il presunto uomo di fiducia di Leanza sfuggì ai sicari.

Salvatore Leanza aveva un curriculum criminale di spessore, era stato condannato per omicidio ed era ritenuto un sicario del suo clan. Dopo avere avuto inflitto l'ergastolo aveva avuto commutata la pena in 30 anni di reclusione. Finita di scontare con i benefici di legge era tornato libero e nel 2013 era rientrato a Paternò. Un ritorno, ipotizzarono subito carabinieri e Dda della Procura di Catania, che avrebbe influito sugli equilibri criminali della zona.
 
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view post Posted on 10/4/2015, 11:41




CATANIA - Latitanza finita per Sebastiano Mazzei. Il capomafia dei Carcagnusi si nascondeva in una villa a Ragalna: una casa dotata di tutti i confort. Non si trattava di un bunker o di uno scantinato. A catturarlo sono stati gli agenti della Squadra Mobile diretta da Antonio Salvago dopo un'articolata attività investigativa con il supporto dello Servizio Centrale Operativo che ha portato a chiudere il cercio su Nuccio Mazzei che era sfuggito all'arresto un anno fa nel corso dell'operazione Scarface dello scorso aprile. Sulla testa dell'ormai ex latitante pendono pesanti accuse: associazione a delinquere di stampo mafioso, intestazioni fittizia di beni e traffico di droga.

Il PROFILO CRIMINALE. Sebastiano, Mazzei, 43 anni, conosciuto come “Nucciu ‘u carcagnusu”, è l'attuale reggente dell’omonima cosca mafiosa. Nuccio è figlio del noto boss Santo Mazzei, 62enne, uomo d’onore e attualmente detenuto in regime di 41bis.

Sebastiano Mazzei vanta una lunga militanza tra le fila dell’organizzazione mafiosa Mazzei, storicamente riconducibile alla Cosa nostra palermitana. E' stato il boss corleonese Leoluca Bagarella, infatti, a volere che Santo Mazzei diventasse uomo d'onore.







I particolari dell’operazione saranno illustrati nel corso di una conferenza stampa che si terrà presso la Sala Riunioni della Questura di Catania sita in piazza S. Nicolella alle ore 11.00.
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view post Posted on 15/4/2015, 07:38




ATERNO' - Piazza pulita a Paternò. Anche il reggente degli Assinnata, storico clan che controlla i loschi affari nella città all'ombra del castello Normano, finisce in carcere. Domenico Assinata è stato arrestato ieri sera dai carabinieri: il 63enne deve espiare una condanna definitiva della Corte d'Appello a cinque anni e 8 mesi per rapina ed estorsione con l'aggravante del metodo mafioso. Crimini che il boss ha commesso sin dal 1998.

Finisce anche lui in una cella del carcere di Bicocca, lo stesso istituto penitenziario dove sono finiti appena una settimana fa i vertici del clan Morabito- Rapisarda e degli Alleruzzo - Assinnata. I due gruppi erano protagonisti di una faida che aveva trasformato Paternò in una polveriera pronta a esplodere. L'omicidio di Salvatore Leanza, divenuto il punto di riferimento per gli Alleruzzo, aveva riportato la città etnea in pieno clima di tensione degli anni '90.


Oggi un altro pericoloso personaggio della cupola paternese finisce in cella. Si creano varchi all'interno del crimine organizzato locale. La morsa degli inquirenti infatti non ha ceduto di un millimetro, ha solo spostato il suo obiettivo: il monitoraggio ha lo scopo di comprendere chi e come prenderanno i posti lasciati vacanti da chi è finito in manette. Sicuramente i Laudani e i Santapaola non lasceranno sguarnito un territorio come Paternò.
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view post Posted on 16/4/2015, 19:59




BARCELLONA POZZO DI GOTTO (MESSINA) - I carabinieri e la polizia hanno eseguito a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 22 persone, accusate di far parte della famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto con l'accusa di associazione mafiosa, estorsioni, rapine, porto abusivo d'armi e altri reati contro la persona e il patrimonio. Altre 5 persone sono state denunciate per gli stessi reati.

L'operazione antimafia, denominata 'Gotha 5', ha messo in luce soprattutto l'attività estorsiva nel settore imprenditoriale della famiglia di Barcellona e della cosca dei Mazzarroti, da anni principali riferimenti della mafia palermitana e catanese.

L'operazione è stata denominata 'Gotha 5", proprio perché ha individuato e colpito i nuovi assetti del sodalizio criminale, già duramente provato dagli esiti dell'operazione 'Gotha 4'. L'indagine ha preso il via dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Artino, figlio di Ignazio già esponente di spicco del clan dei Mazzarroti. Da quanto appurato dagli investigatori il clan di Barcellona Pozzo di Gotto e la cosca dei Mazzarroti controllavano il pizzo di tutta la zona tirrenica del Messinese e anche importanti appalti.

In tale contesto sono stati individuati i responsabili di diverse estorsioni, nonchè gli esecutori materiali di alcuni fatti di sangue del recente passato, come la rapina ai danni di un supermercato di Campogrande di Tripi verificatasi nel dicembre 2012, conclusasi tragicamente con la gambizzazione di un cliente che aveva opposto resistenza.

Le indagini hanno delineato la nuova mappatura criminale del sodalizio mafioso barcellonese, caratterizzata dalla presenza di giovani che sono riusciti ad acquisire, nonostante l'età, un ruolo di assoluto valore criminale in molte attività quali estorsioni e spaccio di sostanze stupefacenti, raccogliendo l'eredità dei consociati ormai detenuti e facendo leva sui legami familiari con gli stessi, e intraprendendo autonome attività delinquenziali.

Oltre allo spaccio di sostanze stupefacenti, il gruppo ha sviluppato il proprio controllo del territorio soprattutto attraverso attività estorsive, in particolare nei confronti dei locali notturni e delle discoteche di Milazzo.

Il gruppo si avvaleva di modalità violente come nel caso della scomparsa di una partita di droga che era stata consegnata a un minore incensurato per detenerla presso la sua abitazione. Alcuni componenti del sodalizio, dopo aver fatto irruzione in casa del ragazzo non hanno esitato a picchiarlo violentemente, anche alla presenza della madre, ed a sottrargli un ciclomotore a titolo estorsivo.

È inoltre emersa in tutta evidenza la pericolosità del gruppo che ha dimostrato di poter disporre di numerose armi per garantirsi il controllo delle attività criminali nel territorio di Mazzarrà S. Andrea e dei comuni limitrofi.

Nel medesimo procedimento sono inoltre indagate altre quattro persone per un episodio di scambio elettorale politico mafioso con riferimento alle elezioni amministrative del 2007 presso il Comune di Mazzarrà Sant'Andrea, aventi oggetto l'esistenza di un patto tra uno dei candidati e il sindaco uscente già condannato in secondo grado per concorso esterno in associazione mafiosa, da un lato, e due esponenti della cosca dei "Mazzaroti" dall'altro.

GLI ARRESTATI. Le persone raggiunte dall'ordinanza di custodia cautelare in carcere sono Bartolo D'Amico, Franco e Filippo Munafò, Mario Pantè, Alessio Alesci, Giuseppe Ofria,Giuseppe Cammisa, Orazio Salvo, Antonino Genovese, il marocchino Miloud Essaoula, Salvatore Italiano, Angelo Bucolo, fratello del sindaco di Mazzarrà Sant'Andrea (Me), Giuseppe Reale, Giovanni Pino, Sebastiano Torre, Agostino Campisi, Tindaro Calabrese, Salvatore Calcò L'Abruzzo, Maurizio Trifirò, Antonino Calderone, Marco Chiofalo, Carmelo Crisafulli. Sette sono erano a già in carcere, gli altri erano liberi. Altre 5 persone risultano indagate.

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CATANIA - Sebastiano Laudani, 32 anni, considerato esponente di primo piano dell'omonima famiglia nota anche come Mussu di ficurinia (labbro di ficodindia), è stato arrestato dalla polizia di Stato di Catania. Agenti della squadra mobile gli hanno notificato un provvedimento di esecuzione pena di 12 anni e 4 mesi di reclusione per associazione mafiosa.

Suo nonno e omonimo, Sebastiano Laudani, 89 anni, era il capo indiscusso del clan. Suo padre Santo fu ucciso nella strage della macelleria avvenuta nel rione Canalicchio di Catania nel 1990. Lui era stato arrestato assieme al gotha della mafia catanese in un summit promosso da Enzo Aiello, capo provinciale di Cosa nostra, nell'ottobre del 2009, per interrompere la faida in corso a Catania.

All'incontro, interrotto da un blitz, c'erano anche l'allora superlatitante Santo La Causa, poi diventato collaboratore di giustizia, e il ricercato Carmelo Puglisi.
 
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view post Posted on 21/4/2015, 13:42




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Operazione “Pizzo”: estorsioni con metodo mafioso ed occultamento di cadavere
21/04/2015 REDAZIONE COMUNE DI PALERMO, CRONACA 0
All’alba di oggi i Carabinieri del Gruppo di Monreale hanno eseguito 4 arresti in esecuzione dell’ordinanza di misura cautelare emessa dal GIP (Dottoressa Maria PINO) presso il Tribunale di Palermo, nei confronti di altrettanti indagati a vario titolo per associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso e occultamento di cadavere.

Le indagini della Procura della Repubblica di Palermo (Procuratore dott. Francesco LO VOI, Proc. Agg. dott. Vittorio TERESI ed i Sost. Proc. dott. Francesco DEL BENE, dott.ssa Amelia LUISE, dott. Sergio DEMONTIS e dott. Daniele PACI), che si sono avvalse anche delle dichiarazioni fornite da due collaboratori di Giustizia, costituiscono la convergenza di due distinte, ma parallele attività investigative, scaturite dall’operazione Nuovo Mandamento dell’8/4/2013, con cui venivano ricostruiti gli assetti dei mandamenti di San Giuseppe Jato e Partinico, rivisitati da un programma di riorganizzazione territoriale.

LE DINAMICHE ASSOCIATIVE E LE ESTORSIONI - L’operazione “Nuovo Mandamento”, fra l’altro, aveva disarticolato la famiglia mafiosa di Camporeale, con l’arresto di SCIORTINO Antonino (capo del supermandamento, poi assolto per ora con sentenza di 1° grado del 19/12 u.s. del GUP di Palermo) e LO CASCIO Francesco (uomo d’onore e favoreggiatore del latitante Domenico RACCUGLIA, condannato per associazione mafiosa e l’omicidio di BILLITTERI Giuseppe). Le indagini su altri indagati – proseguite dopo la citata operazione – consentivano di ricostruire alcune importanti dinamiche che si sviluppavano storicamente dal 1999 alla data odierna, permettendo di fotografare a ritroso gli assetti della famiglia di Camporeale nel periodo di detenzione del suo rappresentate SCIORTINO Antonino, già condannato a 12 anni di reclusione per associazione mafiosa. Il decesso, per cause naturali, avvenuto in data 7/5/2014 di MULE’ Rosario, interrompeva di fatto la logica prosecuzione delle attività avviate – come detto – dopo la summenzionata operazione.

In particolare, nel corso di questo ultimo approfondimento investigativo, emergevano: – l’avvicendamento al vertice della famiglia mafiosa di Camporeale – dopo il primo arresto di SCIORTINO avvenuto in data 24/12/1999 (allorquando era latitante) – con MULE’ Rosario e TARANTINO Giuseppe (che dunque co-reggevano la famiglia mafiosa di Camporeale dal 24/12/1999 fino al 05/11/2011, data di scarcerazione di SCIORTINO per fine pena e inizio del Nuovo Mandamento di Camporeale); – le specifiche competenze per materia di MULE’ Rosario e TARANTINO Giuseppe, che si erano spartiti il controllo del territorio: il primo nel settore agricolo e l’altro in quello edile; – alcune condotte estorsive contestate a CUSUMANO Antonino , nel periodo compreso tra il 2007 e 2008.

Nello specifico, si ricostruivano due vicende estorsive, per le quali si è registrata una importante collaborazione degli imprenditori, allorquando venivano sentiti dagli inquirenti: • estorsione in danno di un imprenditore agrigentino, impegnato tra il marzo 2007 ed il gennaio 2008 nell’esecuzione dei lavori di un appalto per l’importo di quasi 1.600.000 € conferito dal Comune di Camporeale per opere di urbanizzazione primaria nell’ambito del piano di insediamento produttivo (P.I.P.) in località c.da Serpe, costretto a pagare a titolo di “pizzo”, alla famiglia mafiosa di Camporeale, una somma pari a circa il 3% dell’importo dell’appalto, per un totale di € 15.000, e a subire l’infiltrazione nell’appalto in questione da parte dell’impresa edile gestita da CUSUMANO Antonino, la S.C. Costruzioni Srl, attraverso artificiose stipule di contratti di nolo mascherati formalmente da noli a freddo, con l’assunzione di operai del posto artatamente licenziati dalle ditte intervenute nell’esecuzione dell’appalto, per poi essere assunti dallo stesso imprenditore;

Estorsione in danno di un altro imprenditore, sempre agrigentino, che si era aggiudicato, tra il luglio 2007 ed il gennaio 2008, l’appalto pubblico della Provincia Regionale di Palermo, per un importo a base d’asta di 950.000 € relativo ai lavori di sistemazione del piano viario e costruzione delle opere di corredo della Strada – ex Consortile n. 39 di “Sirignano”, che collega il Comune di Camporeale con quello di Alcamo, costretto ad assumere operai imposti allo stesso e a rifornirsi di calcestruzzo presso un impianto locale. Inoltre, all’esito delle odierne attività investigative veniva ulteriormente approfondita la posizione di LOMBARDO Vincenzo Carlo (già tratto in arresto nel corso dell’Operazione “Perseo” nel dicembre 2008, poi assolto dalle accuse mossegli), ritenuto responsabile del reato di estorsione aggravata commessa in danno dei legali rappresentanti di una ditta di Giardinello, impegnata nella realizzazione di cinque edifici privati in contrada Paterna di Terrasini.

Anche in questo caso viene in evidenza la collaborazione offerta dall’imprenditore. Fondamentale, peraltro, per la ricostruzione della vicenda è stato anche un pizzino rinvenuto nel covo dei LO PICCOLO all’atto della cattura, in cui si faceva espresso riferimento alla “messa a posto” dell’imprenditore. OMICIDIO BILLITTERI Parallelamente, veniva meglio definita la condotta associativa di LIOTTA Raimondo , già imputato in “Nuovo Mandamento” per il reato di coltivazione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio aggravato dalla finalità mafiosa, per ora assolto in primo grado, il quale veniva ritenuto responsabile di appartenere all’associazione mafiosa e dell’occultamento del cadavere di BILLITTERI Giuseppe.

La vicenda dell’omicidio del BILLITTERI si inquadrava nelle tensioni sviluppatesi nei territori di Altofonte e Monreale nel periodo febbraio/marzo 2012, a conclusione della fase di riorganizzazione e stabilizzazione dei nuovi assetti di cosa nostra. Le intercettazioni rilevavano come tale repentina ed autorevole riorganizzazione del territorio non era passata indenne, così generando l’insorgere delle citate tensioni. In questo contesto era ragionevole ritenere che fosse maturata la decisione di eliminare un soggetto che probabilmente voleva opporsi alla decisione di riconoscere MADONIA Vincenzo, poi condannato in primo grado in abbreviato per associazione mafiosa il 19 dicembre 2014, quale nuovo rappresentante della famiglia di Monreale.

La vittima designata risultava essere BILLITTERI Giuseppe, di Villagrazia di Palermo, incensurato, venditore ambulante, legato da vincolo di parentela a DAMIANI Sergio, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Monreale, già condannato per mafia. Lo stesso BILLITTERI era ritenuto appartenente ad un gruppo della famiglia mafiosa di Monreale che si voleva contrapporre alla riorganizzazione territoriale di cosa nostra. Le attività investigative di Nuovo Mandamento permettevano di ricostruire: – la pianificazione dell’omicidio con il metodo della “lupara bianca”, avvenuto in data 22/03/2012 sotto la regia di LIBRANTI LUCIDO Giuseppe ed eseguito ad Altofonte presso l’abitazione di VASSALLO Giuseppe Antonio, mediante strangolamento; – l’individuazione dei complici e dei relativi ruoli (VASSALLO Giuseppe Antonio, LOMBARDO Giuseppe, MICALIZZI Giuseppe e LO CASCIO Francesco); – l’individuazione dei soggetti deputati al trasporto e all’occultamento del cadavere avvenuto a Camporeale.

A seguito di tale ricostruzione, LO CASCIO Francesco veniva condannato in primo grado per associazione mafiosa e per l’omicidio di BILLITTERI Giuseppe, mentre LIBRANTI, VASSALLO E LOMBARDO sono ancora imputati innanzi alla 1^ Sezione della Corte di Assise di Palermo. CONCLUSIONI In conclusione, quella che è emersa dalle indagini è la fotografia di una mafia che nonostante le varie operazioni di polizia riesce sempre a riorganizzare le proprie fila, individuando nuovi affiliati. Ancora una volta è stato accertato come uno dei principali canali di sostentamento delle consorterie mafiose è rappresentato dal provento delle estorsioni, commesse tradizionalmente nei confronti di attività imprenditoriali di privati.

La pressante azione estorsiva continua a ripercuotersi sullo sviluppo economico delle comunità dell’entroterra palermitano, tenuto conto che spesso gli imprenditori hanno dovuto subire oltre al pagamento della classica “messa a posto” anche l’imposizione di manodopera e forniture di materiali edili, in violazione delle più elementari regole del libero mercato.

È evidente come i rilevanti risultati conseguiti, proprio poiché contestualizzati in un’area fortemente destabilizzata dalla criminalità organizzata e per la vastissima diffusione del fenomeno delle estorsioni, non potrà che infondere ulteriormente fiducia nell’operato della Magistratura e dei Carabinieri, contribuendo quindi a far cadere quel muro di omertà che è elemento essenziale per la riuscita degli intenti criminali. In tale ambito, prezioso si è rivelato l‘intervento e l’apporto dell’associazione antiracket Addiopizzo nel fare determinare gli imprenditori a collaborare con gli organi inquirenti e nel fornire l’assistenza psicologica e legale agli stessi.

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°Lilo°
view post Posted on 29/4/2015, 06:59




RANDAZZO - Sono riusciti a interrompere un importante "summit" mafioso che serviva a delineare l'egemonia di Cosa nostra nel territorio di Randazzo. E' solo questa una delle componenti delle indagini sfociata con il blitz di questa mattina che ha portato all'arresto di 15 persone appartenente alla clan Brunetto che opera tra Giarre e Fiumefreddo come diretta articolazione del clan Santapaola Ercolano. Decine le perquisizioni effettuate nel corso della retata. Sferrato un duro colpo al gruppo criminale capeggiato da Carmelo Oliveri, che secondo gli inquirenti, è dedito alle attività illecite tipiche dei sodalizi della criminalità organizzata: estorsioni e traffico di droga.

I militari hanno fatto scattare le manette ai polsi dei 15 indagati elencati nell'ordinanza emessa dal Gip di Catania, dopo la richiesta avanzata dalla Dda di Catania che parte da un'articolata inchiesta. I carabinieri avviano le indagini dopo la denuncia di alcuni danneggiamenti e intimidazioni ai danni di alcuni imprenditori e commercianti di Randazzo. Ricostruite dinamiche criminali, organigrammi, gerarchie dell'organizzazione e gestione della "cassa comune".




Gli investigatori, come detto, nel corso delle attività investigative sono riusciti a bloccare un vertice tra i boss: un operazione che ha permesso di "scongiurare" una escalation criminale volta a riaffermare il potere dei Brunetto a Randazzo e a impedire "interferenze" esterne da parte di altri clan, interessati ad allargare il loro dominico criminale nella zona. I Brunetto aveva già in passato allargato il raggio di azione dei loro affari illeciti anche a Castiglione di Sicilia, tramite Vincenzo Lo Monaco.
 
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28 replies since 8/1/2015, 21:05   563 views
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