| Pubblicato: 22/01/2014
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Palermo: retata antidroga alla Zisa 2.322 episodi di spaccio in 75 giorni Blitz dei carabinieri, in manette 32 persone: filmato per diversi mesi lo smercio di hashish, marijuana ed eroina. Gli acquirenti si fermavano per pochi minuti con la macchina, in moto o in bici per prelevare le dosi. All'interno tutti i nomi 34 0 Blogger0 Google +0 Commenta PALERMO - I Carabinieri hanno eseguito 32 ordini di custodia cautelare disposti dal gip di Palermo per spaccio di droga nel quartiere Zisa. Una persona è ricercata. Gli indagati sono stati ripresi per diversi mesi, nella scorsa primavera, dalle telecamere degli inquirenti.
Nel corso delle indagini i carabinieri hanno arrestato in flagranza alcuni degli indagati per singoli episodi di spaccio e hanno contestualmente piazzato le telecamere individuando altri presunti membri dell'associazione che smerciava hashish, marijuana ed eroina. Gli acquirenti si fermavano per pochi minuti con la macchina, in moto o in bici per prelevare le dosi di stupefacente, come documentato dalle riprese video. Filmati 2.322 episodi di spaccio in soli 75 giorni di osservazione in una via del quartiere.
Questi gli arrestati dai carabinieri: Vincenzo Gargano, 20 anni, Riccardo Gargano, 19 anni, Antonino Gargano, 35 anni, Gaetano Corradengo, 31 anni, Giuseppe Corradengo, 21 anni, Carmelo De Luca, 21 anni, Gaetano De Lisi, 35 anni, Umberto Machì, 26 anni, Domenico Bagnasco 32 anni, Giovanni Bagnasco 24 anni, Giuseppe Bagnasco 31 anni, Vincenzo Bagnasco 30 anni, Salvatore Grasso 24 anni, Giuseppe Imera di 31 anni, Stefano Randazzo 20 anni, Matteo Sammarco 19 anni, Rosario Bertolino, 44 anni, 27 anni, Gaspare Giardina, 28 anni, 32 anni, Antonino Intravaia, 24 anni, Giuseppe Pontidoro, 42 anni, Michele Aidi 22 anni, Raimondo Pedalino, 22 anni, Paolo Orlando, 25 anni, Francesco La Corte, 26 anni, Alessandro Amato 35 anni, Salvatore Liga, 24 anni, Antonino Argento, 36 anni, Antonio Stuppia 19 anni, Fabio Fernandez, 38 anni, Salvatore Fernandez, 40 anni, Salvatore Bono di 29 anni, Anna Cardinale di 51 anni.
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CALTANISSETTA - I poliziotti della squadra mobile di Caltanissetta e del commissariato di Niscemi hanno fermato su ordine della Dda nissena sei presunti mafiosi di Niscemi e Gela che secondo le indagini stavano riorganizzando le famiglie mafiose locali. I sei sono indagati per associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione aggravata e porto abusivo di armi.
L'operazione denominata "Fenice" disegna l'attuale assetto di Cosa nostra e della Stidda, dopo l'arresto, il 15 febbraio scorso, dell'ultimo dei capi storici di Cosa nostra niscemese, Giancarlo Giugno, arrestato nell'operazione "Rewind".
Un contributo alle indagini è stato dato da due coraggiosi imprenditori di Niscemi, che si sono rifiutati di pagare e, confortati dal sostegno delle forze dell'ordine, hanno denunciato tutto alla magistratura, suscitando la reazione dei boss che secondo intercettazioni ambientali, si stavano preparando a "punire" i ribelli, colpevoli di avere rotto il "patto di omertà". Da qui la decisione della Dda nissena di fermare i sei indagati.
I fermati sono Alessandro Barberi, di Gela, 62 anni, Alberto Musto, di Vittoria 28 anni, Luciano Albanelli, di Niscemi 38 anni, Fabrizio Rizzo, di Niscemi , 41 anni, Salvatore Blanco, di Niscemi, 48 anni, Alessandro Ficicchia, di Nisceni, 37 annni. Barberi e Musto sono considerati i capimafia di Gela e Niscemi.
Secondo le indagini, Alessandro Barberi, consuocero del boss del Nisseno "Piddu" Madonia, sarebbe il nuovo reggente provinciale di Cosa nostra e boss delle famiglie di Gela; mentre a Niscemi l'organizzazione sarebbe guidata ora da Alberto Musto, rampante studente universitario originario di Vittoria (Ragusa), subentrato a Giancarlo Giugno che lo aveva inserito nel "vivaio" delle nuove leve criminali.
Musto avrebbe organizzato la sua nuova gestione avvalendosi della collaborazione di Alessandro Ficicchia, esponente storico di Cosa nostra niscemese, Salvatore Blanco (soprannominato Turi Paletta) il pastore Fabrizio Rizzo, uomo di fiducia di Barberi, e il marmista Luciano Albanelli. Insieme avrebbero imposto la loro egemonia criminale nel territorio intensificando l'attività estorsiva "a tappeto - scrivono gli inquirenti - con una preoccupante escalation di atti intimidatori, anche attraverso l'uso di armi ed ordigni esplosivi, per convincere le vittime a pagare".
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