Il sole a scacchi 2014

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view post Posted on 4/1/2014, 12:51




CATANIA – Era l'ultimo che mancava all'appello. Santo Orazio Laudani, 23 anni, si nascondeva a Tremestieri Etneo dallo scorso 22 novembre quando erano finiti in manette 10 persone nel corso di un blitz antimafia dei carabinieri. E' stata una ricerca capillare e certosina quella dei militari che ha permesso di interrompere la latitanza durata oltre un mese del giovane esponente di spicco del Luadani, ora detentuto a Bicocca, accusato di estorsione, rapina e lesioni aggravate in concorso.

L'indagine, condotta dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Catania e coordinata dal sostituto procuratore Giovannella Scaminaci della Direzione Distrettuale Antimafia, era scattata a seguito di diverse denunce di alcune vittime del racket delle estorsioni che coraggiosamente si erano rivolte alle forze dell'ordine.
 
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view post Posted on 14/1/2014, 09:17




CATANIA - Sventrata la roccaforte della droga a Catania. 300 carabinieri del comando provinciale, dalle prime luci dell'alba, hanno posto sotto assedio l'intera periferia nord ovest di Catania: ritenuta dagli investigatori della Direzione Distrettuale antimafia etnea il più redditizio supermarket di cocaina e marijuana della città. Il blitz nel quartiere San Giovanni Galermo ha fatto scattare le manette per 47 persone, tra cui minorenni.

I militari stanno eseguendo un provvedimento di misura cautelare in carcere nei confronti di 47 indagati, emesso dal Gip di Catania su richiesta della Procura. Un risultato questo che nasce da un'imponente e complessa attività investigativa che ha svelato i meccanismi e le modalità di operare dell'organizzazione che opera - secondo l'accusa - per conto della criminalità organizzata catanese. Agli arrestati è infatti contestato il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di cocaina e marijuana per conto di Cosa Nostra catanese.
 
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view post Posted on 15/1/2014, 22:00




MOTTA SANT'ANASTASIA. I carabinieri del Nucleo operativo della Compagnia di Paternò, a Motta Sant'Anastasia, hanno tratto in arresto in flagranza di reato i catanesi Lucio Stella del '75, Gaetano Pellegrino classe '77 e Francesco Savarino anch'egli del '77. I tre, più volte, si erano presentati presso un cantiere edile di Motta tentando di contattare il titolare dell’impresa che per motivi di lavoro non era presente. L’impresario avendo chiaramente intuito il motivo delle “visite” ha sporto denuncia ai carabinieri che hanno approntato i relativi servizi tanto che, ripresentatisi per la terza volta, sono stati ripresi dai militari mentre, a seguito di specifica richiesta, ricevevano dal titolare la somma in contanti di 500 euro (ma si trattava solo di fotocopie).

Usciti dal cantiere i tre estortoti sono stati bloccati dai militari e dichiarati in arresto e su disposizione del pm di turno della Procura della Repubblica del Tribunale di Catania sono stati condotti nel carcere di piazza Lanza. Chiunque avesse ricevuto dai tre malviventi analoghe richieste estorsive di danaro si potrà presentare al Nucleo Operativo della Compagnia Carabinieri di Paternò per la stesura di apposita denuncia.
 
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view post Posted on 21/1/2014, 13:58




CATANIA. Potremmo ribattezzarla la strada degli affari d'oro. Via Colomba, nel cuore del rione San Cristoforo, è stato trasformato in un centro commerciale all'aperto per la vendita di marijuana. E gli affari per chi gestiva questa piazza di spaccio superano, o almeno si avvicinano, ai bilanci di grandi società internazionali. Tre milioni e mezzo di euro in un anno, incassi giornalieri dai 10 mila ai 15 mila euro. Numeri da capogiro quelli che vengono fuori dall'operazione 'Colomba' della Squadra Mobile eseguita questa mattina all'alba nei confronti di 46 persone: 2 sono ricercate. Un'organizzazione verticale con all'apice i promotori che gestivano il "personale" che operava in base a turni di lavoro che aveva diversi ruoli: custode della "merce", vedetta, palo, regolatore del traffico, cassiere e addetto alle consegne. Figura particolare anche il contabile "che teneva - come

Le immagini registrate in via Colomba, Mirabella e Viadotto per un periodo compreso dal 15 marzo 2011 al 16 maggio 2011 svelano chiaramente come si svolgeva la compravendita dello stupefacente. Nascosto in auto rubate, in abitazioni e garage, veniva prelevato e messo in una busta (che conteneva circa 100 stecche) e con il "metodo del lancio" era dato allo spacciatore che non appena aveva l'ok dal "cassiere" lo consegnava all'acquirente, tutto in una catena di "montaggio " perfettamente architettata. Nel frattempo nelle aree limitrofe lavoravano le vedette a bordo di scooter che in movimento controllavano il territorio e allertavano i "colleghi" di possibili fastidi creati dalla presenza delle forze dell'ordine, e addirittura in alcune occasioni andando in contro mano cercavano di ostruire il passaggio delle pattuglie. Erano posizionati anche i pali (a piedi) che al minimo segno di presenza di carabinieri o polizia gridavano - come emerge dalle intercettazioni audio - "levati, levati, levati, i vaddia".

Le menti della "holding" della marijuana di Via Colomba sono - secondo i pm Pasquale Pacifico e Assunta Musella della Dda etnea -sono i fratelli Carmelo e Giovanni "turi u turcu" Crisafulli, (figli di Franco "cacazza" Crisafulli condannato in primo e in secondo grado per l'omicidio di Nicola Lo Faro) e Massimo Vinciguerra (fratello di Michele "u cardunaru" Vinciguerra, condannato in primo grado e secondo grado Revenge per associazione mafiosa). Questi tre rivestivano il ruolo di "promozione, controllo e coordinamento", insomma erano i capi, e con loro collaboravano nell'organizzazione del traffico di droga Davide Laudani (detto "gambalunga"), e un altro fratello dell'esponente dei Cappello - Carateddi Franco detto "Cacazza", Filippo Crisafulli, insieme a Giuseppe e Maurizio Crisafulli.

Il secondo livello della piramide dell'organizzazione era quello denominato dagli inquirenti "presidio operativo sul territorio, raccolta della domanda sul mercato degli stupefacenti, smistamento della droga agli acquirenti e di riscossione dei pagamenti". Un ruolo affidato a decine di persone che, a rotazione anche per brevi periodi, si scambiavano le mansioni con il resto degli indagati. Questi per la maggior parte del periodo contestato (marzo 2011 - gennaio 2012) avevano l'incarico di "vedetta" e "palo". I retroscena di questa operazione mostra lati assolutamente "inquietanti": come la presenza di bambini - appurata dalle immagini registrate dalla Mobile - durante lo spaccio di marijuana. Tutto avviene come se fosse assolutamente normale; davanti agli occhi innocenti di un bimbo seduto sul marciapiede che guarda le file di macchine, una dietro l'altra, mani che prima consegnano il contante ad una persona e poi pochi metri dopo, davanti a un esercizio commerciale con il via vai di clienti, ricevono un piccolo contenitore tirato fuori da una busta di plastica bianca. Ma è un'altro l'episodio, ripreso dalle telecamere, che fa "accapponare" la pelle: un anziano schiaffeggiato a più riprese che nemmeno si difende dai suoi aggressori. Guarda attonito e non reagisce. Il 29 aprile 2011 una macchina arriva in Via Colomba, a bordo Vinciguerra e Pacifico (un altro degli arrestati) e un anziano: invitato a scendere dall'auto, si avvicina Carmelo Crisafulli che lo schiaffeggia davanti agli altri affiliati all'associazione criminale e, prima di salire nuovamente nella vettura, riceverà l'ennesimo colpo in faccia dalle mani di un'altro malvivente

A dare slancio all'indagine sono anche le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia Gaetano Musumeci, Natale Cavallaro e Gaetano D'Aquino, tutti e tre parlano di una fiorente piazza di spaccio tirando in ballo la famiglia Crisafulli. E' D'Aquino a dare i particolari in merito ai turni di lavoro e al giro d'affari: "Si decise di dividere l'orario dello spaccio: in particolare dalle due fino alle 7 di sera e dalle sette di sera in poi [....] Negli ultimi tempi questa piazza incassava circa 20 000 euro al giorno" Secondo D'Aquino i soldi servivano anche al mantenimento di alcuni detenuti.

A chiudere il cerchio del quadro probatorio sono i numerosi arresti in flagranza che hanno portato alla scoperta oltre di diverse stecche di marijuana anche di armi. Interessante sotto certi aspetti l'arresto in flagranza registrato dall'occhio delle telecamere di Filippo Agatino Urzì: Il 13 aprile 2011 - come mostra la data nelle immagini - è stato sorpreso mentre vendeva diverse dosi di droga, consegnava il denaro e poi riponeva in un contatore una busta che poi la polizia scopre altro non essere marijuana. Tutto accade alla presenza di Giovanni e Carmelo Crisafulli che mentre i poliziotti fanno scattare le manette gli si avvinano, lo tranquillizzano dicendo di seguirlo.

Le accuse per i 46 destinatari dell'ordinanza firmata dal Gip di Catania Daniela Monaco Crea, 42 in carcere e quattro ai domiciliari, sono, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata al traffico e spaccio di stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi e ricettazione. A due persone alle quali il Gip aveva disposto i domiciliari, sono attualmente ricercate. I pm avevano chiesto anche l'aggravante "per aver favorito il clan mafioso dei Cappello Carateddi", questo profilo però è stato rigettato dal Giudice per le Indagini Preliminari per elementi insufficienti a supporto di questa contestazione. Sono state sequestrate otto autovetture ed altrettante moto. Inoltre, in un deposito di via Juvara, sono stati rinvenuti quattro panetti di marijuana per un peso complessivo di quattro chilogrammi.
 
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view post Posted on 22/1/2014, 14:07




Pubblicato: 22/01/2014

lasiciliaweb›› Sicilia›› Palermo: retata antidroga alla Zisa 2.322 episodi ...

Palermo: retata antidroga alla Zisa
2.322 episodi di spaccio in 75 giorni
Blitz dei carabinieri, in manette 32 persone: filmato per diversi mesi lo smercio di hashish, marijuana ed eroina. Gli acquirenti si fermavano per pochi minuti con la macchina, in moto o in bici per prelevare le dosi. All'interno tutti i nomi 34 0 Blogger0 Google +0 Commenta
PALERMO - I Carabinieri hanno eseguito 32 ordini di custodia cautelare disposti dal gip di Palermo per spaccio di droga nel quartiere Zisa. Una persona è ricercata. Gli indagati sono stati ripresi per diversi mesi, nella scorsa primavera, dalle telecamere degli inquirenti.

Nel corso delle indagini i carabinieri hanno arrestato in flagranza alcuni degli indagati per singoli episodi di spaccio e hanno contestualmente piazzato le telecamere individuando altri presunti membri dell'associazione che smerciava hashish, marijuana ed eroina. Gli acquirenti si fermavano per pochi minuti con la macchina, in moto o in bici per prelevare le dosi di stupefacente, come documentato dalle riprese video. Filmati 2.322 episodi di spaccio in soli 75 giorni di osservazione in una via del quartiere.

Questi gli arrestati dai carabinieri: Vincenzo Gargano, 20 anni, Riccardo Gargano, 19 anni, Antonino Gargano, 35 anni, Gaetano Corradengo, 31 anni, Giuseppe Corradengo, 21 anni, Carmelo De Luca, 21 anni, Gaetano De Lisi, 35 anni, Umberto Machì, 26 anni, Domenico Bagnasco 32 anni, Giovanni Bagnasco 24 anni, Giuseppe Bagnasco 31 anni, Vincenzo Bagnasco 30 anni, Salvatore Grasso 24 anni, Giuseppe Imera di 31 anni, Stefano Randazzo 20 anni, Matteo Sammarco 19 anni, Rosario Bertolino, 44 anni, 27 anni, Gaspare Giardina, 28 anni, 32 anni, Antonino Intravaia, 24 anni, Giuseppe Pontidoro, 42 anni, Michele Aidi 22 anni, Raimondo Pedalino, 22 anni, Paolo Orlando, 25 anni, Francesco La Corte, 26 anni, Alessandro Amato 35 anni, Salvatore Liga, 24 anni, Antonino Argento, 36 anni, Antonio Stuppia 19 anni, Fabio Fernandez, 38 anni, Salvatore Fernandez, 40 anni, Salvatore Bono di 29 anni, Anna Cardinale di 51 anni.

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CALTANISSETTA - I poliziotti della squadra mobile di Caltanissetta e del commissariato di Niscemi hanno fermato su ordine della Dda nissena sei presunti mafiosi di Niscemi e Gela che secondo le indagini stavano riorganizzando le famiglie mafiose locali. I sei sono indagati per associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione aggravata e porto abusivo di armi.

L'operazione denominata "Fenice" disegna l'attuale assetto di Cosa nostra e della Stidda, dopo l'arresto, il 15 febbraio scorso, dell'ultimo dei capi storici di Cosa nostra niscemese, Giancarlo Giugno, arrestato nell'operazione "Rewind".

Un contributo alle indagini è stato dato da due coraggiosi imprenditori di Niscemi, che si sono rifiutati di pagare e, confortati dal sostegno delle forze dell'ordine, hanno denunciato tutto alla magistratura, suscitando la reazione dei boss che secondo intercettazioni ambientali, si stavano preparando a "punire" i ribelli, colpevoli di avere rotto il "patto di omertà". Da qui la decisione della Dda nissena di fermare i sei indagati.

I fermati sono Alessandro Barberi, di Gela, 62 anni, Alberto Musto, di Vittoria 28 anni, Luciano Albanelli, di Niscemi 38 anni, Fabrizio Rizzo, di Niscemi , 41 anni, Salvatore Blanco, di Niscemi, 48 anni, Alessandro Ficicchia, di Nisceni, 37 annni. Barberi e Musto sono considerati i capimafia di Gela e Niscemi.

Secondo le indagini, Alessandro Barberi, consuocero del boss del Nisseno "Piddu" Madonia, sarebbe il nuovo reggente provinciale di Cosa nostra e boss delle famiglie di Gela; mentre a Niscemi l'organizzazione sarebbe guidata ora da Alberto Musto, rampante studente universitario originario di Vittoria (Ragusa), subentrato a Giancarlo Giugno che lo aveva inserito nel "vivaio" delle nuove leve criminali.

Musto avrebbe organizzato la sua nuova gestione avvalendosi della collaborazione di Alessandro Ficicchia, esponente storico di Cosa nostra niscemese, Salvatore Blanco (soprannominato Turi Paletta) il pastore Fabrizio Rizzo, uomo di fiducia di Barberi, e il marmista Luciano Albanelli. Insieme avrebbero imposto la loro egemonia criminale nel territorio intensificando l'attività estorsiva "a tappeto - scrivono gli inquirenti - con una preoccupante escalation di atti intimidatori, anche attraverso l'uso di armi ed ordigni esplosivi, per convincere le vittime a pagare".
 
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view post Posted on 23/1/2014, 12:04




Pubblicato: 23/01/2014

lasiciliaweb›› Sicilia›› Mafia e appalti, blitz Gdf a Palermo arrestato fig...

Mafia e appalti, blitz Gdf a Palermo
arrestato figlio del costruttore Sbeglia
In manette anche Salvatore Brusca, 50 anni, e Gaetano Troia, 51, accusati di essere prestanome del rampollo e di controllare il mercato edile in città. Emersi anomali rapporti finanziari con importanti società alberghiere, sequestrate due aziende sospettate di essere inquinate 4 0 Blogger0 Google +0 Commenta
PALERMO - Militari del Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza, a conclusioni di indagini di carattere finanziario, hanno arrestato tre persone per intestazione fittizia di beni, hanno sequestrato due aziende sospettate di essere inquinate dalla mafia ed hanno sospeso dall'amministrazione delle proprie società una conosciuta famiglia di albergatori palermitani.

Le tre persone arrestate dalle Fiamme gialle della polizia valutaria di Palermo sono Marcello Sbeglia, di 42 anni, indicato come rampollo di un noto clan di costruttori ritenuti punto di riferimento di diverse famiglie mafiose per la gestione degli appalti; Salvatore Brusca, di 50 anni, e Gaetano Troia, di 51, accusati di essere prestanome del primo.

Dalle indagini - secondo quanto si è appresto da fonti investigative - sono emersi anomali rapporti finanziari tra la famiglia Sbeglia e importanti società alberghiere: gli Sbeglia, al fine di eludere la normativa di prevenzione antimafia - sempre secondo le accuse - si erano dotati di una struttura di prestanome con la quale hanno drenato denaro dalle società alberghiere ed hanno occupato fette di mercato edile lecito.

Nel corso delle operazioni, la Guardia di Finanza ha sequestrato due aziende ritenute "inquinate" - la ditta individuale di Brusca e la società Ve.Co.Si. a responsabilità limitata - ed è stata applicata la misura di prevenzione antimafia dell'amministrazione giudiziaria di società nei confronti di soggetti operanti nel campo alberghiero.
 
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view post Posted on 30/1/2014, 19:51




GIARRE. Sono finiti in manette stamani con l’accusa di associazione di tipo mafiosa i pluripregiudicati Giovanni Calì, 41enne giarrese, e Benedetto La Motta, 56enne ripostese, quest’ultimo ritenuto dall’accusa il referente nel comune marinaro del clan mafioso Brunetto di Fiumefreddo di Sicilia. Alle prime luci dell’alba i carabinieri della Compagnia di Giarre hanno dato esecuzione a due ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal Gip di Catania Anna Maggiore.

Nel corso della lunga attività investigativa, condotta dai militari giarresi e coordinata dalla Procura di Catania, sarebbe emerso proprio il ruolo apicale ricoperto da “Benito” La Motta all’interno della cosca, legata secondo gli inquirenti alla famiglia mafiosa Santapaola. Le indagini hanno preso il via all’indomani del brutale assassinio del 22enne Salvatore Vadalà, il giovane di Fiumefreddo di Sicilia scomparso il 27 novembre del 2008 e ritrovato undici giorni dopo senza vita, sepolto sotto 50 centimetri di terra in un agrumeto di Mascali. Fin da subito i sospetti degli investigatori caddero su alcuni affiliati al clan Brunetto. Ma dalle indagini non emersero elementi probatori sufficienti a dimostrarne la colpevolezza.

Quattro anni dopo l’attenzione degli inquirenti tornò sui membri dello stesso clan. Le indagini sulla scomparsa, nel giugno del 2012, del pregiudicato giarrese Giorgio Curatolo, ritenuto dall’accusa vicino alla cosca Brunetto e probabile vittima di lupara bianca, hanno permesso di ricostruire il quadro probatorio scaturito oggi nei provvedimenti restrittivi. Fondamentali anche le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. La Motta era già stato raggiunto, lo scorso luglio, da un’ordinanza di custodia cautelare per lo stesso reato, nell’ambito dell’operazione “Fiori bianchi”, condotta dalla Dda di Catania, riuscita a decapitare il clan Santapaola. Pochi giorni dopo, però, il pluripregiudicato era tornato in libertà per un cavillo procedurale. Calì, invece, che si trovava agli arresti domiciliari per furto aggravato, ricoprirebbe nel clan un ruolo marginale. Secondo l’accusa, infatti, sarebbe un semplice esecutore di ordini.

I due arrestati sono stati rinchiusi nel carcere di Bicocca a Catania.
 
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view post Posted on 6/2/2014, 15:08




GRIGENTO - I carabinieri di Agrigento hanno posto ai domiciliari su ordine del gip di Palermo, Anna Messina, 36 anni, di Porto Empedocle, sorella dell'ex capo provinciale di Cosa Nostra di Agrigento Gerlandino, accusata di concorso esterno alla mafia. Destinatario di un provvedimento cautelare anche lo stesso boss che è accusato di associazione mafiosa.

Messina è accusata di aver mantenuto i contatti fra il fratello, quando era latitante, e i proprietari di alcuni esercizi commerciali vittime di estorsione. Il Gip ha rigettato la richiesta di arresto fatta dalla Dda palermitana per tre imprenditori ritenuti vicini ai fratelli Messina.

L'inchiesta che ha portato all'arresto di Anna Messina nasce dal ritrovamento di alcuni "pizzini" nel covo di via Stati Uniti a Favara dove il boss Gerlandino venne arrestato il 23 ottobre 2010, dopo un decennio di latitanza. In particolare, secondo l'accusa, in uno dei biglietti sequestrati, Messina avrebbe scritto alla sorella Anna e a due imprenditori indicando le modalità di riscossione di somme di denaro.
 
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view post Posted on 14/2/2014, 17:55




CATANIA - C'è anche un poliziotto tra gli arrestati della scorsa notte per estorsione. I Carabinieri del Comando Provinciale di Catania – Reparto Operativo hanno infatti dato esecuzione a sei ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip su richiesta della locale Procura Distrettuale della Repubblica, tra le quali spicca quella nei confronti di A.M.G., in servizio presso l’Ufficio Prevenzione Generale Soccorso Pubblico della Questura di Catania. Gli altri provvedimenti restrittivi sono stati emessi a carico di Carmelo Lo Giudice, Denis Lo Giudice, Attilio Bellia, Carmelo Simone Tabita e Riccardo Pusillico. Gli arrestati sono chiamati a rispondere del reato di estorsione aggravata in concorso, commessa con l’utilizzo del “metodo mafioso”, vale a dire facendo leva sulla forza di intimidazione e sulla condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, oltre che del reato di lesioni personali.

Le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania hanno preso l’avvio dalle denunce sporte da due privati che avevano preso a noleggio delle autovetture dalla ditta “S.M. Rent a Car” gestita dall’indagato G. e formalmente intestata al padre dello stesso. Al termine del periodo di noleggio, l'uomo pretendeva il pagamento a titolo di corrispettivo di somme superiori rispetto a quelle originariamente pattuite e, dinanzi all’opposizione delle persone offese, ha reiteratamente posto in essere ai loro danni, con il concorso degli altri indagati – due dei quali, Tabita e Pusillico, suoi dipendenti – atti di minaccia e di violenza fisica culminati anche in lesioni personali. Tra le minacce si ipotizza vi sia stata anche quella di fare arrestare ingiustamente le vittime, dopo aver fatto ritrovare della droga.

La misura cautelare si è resa necessaria per gli stretti legami di frequentazione e cointeressenza del G. con personaggi del calibro di Carmelo Lo Giudice e Attilio Bellia, io intervenuti nel suo interesse. Il primo, in particolare, già detenuto in espiazione pena presso la Casa di Reclusione di San Cataldo, è lo zio paterno di Sebastiano Lo Giudice, responsabile del clan mafioso “Cappello-Carateddi”, già colpito da provvedimento di fermo emesso dalla DDA di Catania nell’ambito della nota operazione “Revenge”, per i reati di cui agli artt.416 bis c.p., 74 DPR 309/90 e che in atto è detenuto al regime del 41 bis.

Secondo quanto risultante dalle investigazioni, il detenuto Carmelo Lo Giudice avrebbe peraltro commesso i fatti per i quali è stata emessa a suo carico l'ordinanza di custodia cautelare eseguita la scorsa notte in occasione di un permesso premio della durata di tre giorni in forza del quale si trovava a Catania. Bellia, già condannato in via definitiva per il reato di associazione di stampo mafioso, armi ed evasione, quale appartenente al clan mafioso “Santapaola”, al momento in cui ha commesso i fatti che gli vengono oggi contestati era sottoposto per altra causa alla misura degli arresti domiciliari presso la propria abitazione. L’ispettore G. è chiamato a rispondere altresì di due episodi di accesso abusivo a sistema informatico, reato previsto dall’art.615 ter c.p. aggravato dall’aver agito con abuso dei poteri e violazione dei doveri inerenti la funzione esercitata e su sistema informatico o telematico relativo all’ordine pubblico e alla sicurezza pubblica.
 
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view post Posted on 18/2/2014, 08:22




CATANIA – Avrebbero il pieno controllo della Piana di Catania, con potere anche nei quartieri Pigno e Librino, zone a sud del capoluogo etneo. 25 persone, che compongono - secondo gli inquirenti - il gruppo mafioso del boss dei Cappello - Carateddi, Orazio Privitera, sono finiti in manette. Ad arrestarli gli agenti della Direzione Investigativa Antimafia di Catania che stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 27 presunti affiliati alla cosca. Due destinatari della misura al momento risultano irreperibili.

A capo del clan una donna: Agata Balsamo, moglie di Privitera. Con il marito in carcere Tina, così la chiamano in "famiglia, ha ereditato la reggenza dell'organizzazione assumendone in alcuni casi il ruolo di leader indiscusso. Perché Tina Balsamo, oltre ad essere la cerniera del marito, detenuto al 41 bis, con l'esterno e quindi i collegamento diretto per i rapporti con gli affiliati al clan, era colei che avrebbe detenutola piena gestione degli affari. Imponeva il pagamento delle estorsioni i cui proventi servivano ad alimentare la cassa comune i cui soldi erano utilizzati anche per le spese legali degli associati e di conseguenza anche per "sostenere" la detenzione del marito.

Le estorsioni erano imposte - emerge dalle indagini coordinate dalla Dda di Catania - attraverso il metodo delle “guardianie” nei terreni. Un sistema che serviva anche allo sfruttamento di fondi agricoli da cui sarebbero stati enormi vantaggi economici frutto del fraudolento accaparramento di erogazioni pubbliche a fondo perduto da parte dell’A.G.E.A. (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) per oltre un milione e mezzo di euro.

Gli affari dell’organizzazione decapitata dalla Dia si ramificherebbero in diversi settori criminali. Oltre ai tradizionali interessi nel traffico droga e nelle estorsioni, il gruppo di Privitera, emerge dall’inchiesta denominata 'Prato Verde' condotta dal Pm Pasquale Pacifico con il diretto coordinamento del Procuratore Giovanni Salvi, sarebbe riuscito ad ottenere erogazioni pubbliche inerenti il settore agricolo. Ad alcuni degli indagati, infatti, è contestato il reato di truffa aggravata. Le estorsioni erano imposte - emerge dalle indagini coordinate dalla Dda di Catania - attraverso il metodo delle “guardianie” nei terreni. Un sistema che serviva allo sfruttamento di fondi agricoli da cui sarebbero stati tratti grossi vantaggi economici frutto del fraudolento accaparramento di erogazioni pubbliche a fondo perduto da parte dell’A.G.E.A. (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura). La truffa è stata calcolata dalla Dia per un ammontare di oltre un milione e mezzo di euro. Le imputazioni non finiscono qui, perché oltre all’associazione mafiosa, la Procura ha scoperto che alcuni affiliati avrebbero intestato alcuni beni e attività a dei prestanome.

Un blitz complesso quello scattato nella notte, che ha portato ad un alto spiegamento di forze, con l'impiego di oltre 10 agenti della Dia, due elicotteri e diverse unità cinofile. L'operazione che ha riguardato e toccato diverse province oltre quella etnea: gli arresti sono stati effettuati a Catania, Siracusa, Milano, Torino e in Germania. In quest’ultimo caso è stata fondamentale la collaborazione con il collaterale organismo tedesco B.K.A. (Bundeskriminalamt).


Il boss Orazio Privitera


Un gruppo ritenuto pericoloso dagli inquirenti anche vista la caratura criminale del boss Orazio Privitera, detenuto al regime del 41 bis e ritenuto uomo di vertice del Clan Cappello, a cui farebbero riferimento. Privitera fino al suo arresto, avvenuto nel gennaio del 2010 dopo un periodo di latitanza per essere sfuggito al blitz Revenge, era considerato il capo indiscusso dei Carateddi, vero e proprio braccio armato della cosca. Da diversi collaboratori di giustizia è indicato come “uomo d’onore battezzato a Palermo dagli uomini di Bernardo Provenzano”. Un catanese alla “corte” dei corleonesi, insomma. A Privitera, condannato per associazione mafiosa e droga, lo scorso anno gli è stata inflitta, con sentenza di primo grado, una pena all’ergastolo per essere mandante e esecutore di tre omicidi.

Nomi e particolari della delicata indagine saranno illustrati dal direttore della Dia, Arturo De Felice nel corso della conferenza stampa convocata dal procuratore Giovanni Salvi.
 
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view post Posted on 18/2/2014, 15:10




ENNA - Operazione "Go kart" dei carabinieri di Enna ai danni delle famiglie mafiose di Cosa nostra e del clan Cappello che operano fra le provincie di Enna e Catania. Nella notte sono state arrestate 49 persone per associazione a delinquere di tipo mafioso finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsioni, rapine, detenzione di armi e altro.

I gruppi criminali operavano in comuni che confinano con Catania: Catenanuova, Centuripe e Regalbuto. Tra questi proprio Catenanuova è storicamente stata al centro degli interessi dei clan contrapposti ennesi e catanesi e dal 1995 a oggi si sono registrati sette omicidi legati alla mafia e tre lupare bianche.

Nel piccolo centro dove era sempre stata attiva Cosa nostra, a partire dal 2006 emerge Filippo Passalacqua, ex militare con missioni all'estero, già in carcere e a cui è stata notificata una nuova ordinanza di custodia cautelare, secondo le indagini legato al clan Cappello tramite il cognato Giampiero Salvo esponete del clan e imputato con Passalacqua dell'agguato dell'estate 2008 nella piazza di Catenanuova che fece un morto e 5 feriti.

Secondo gli inquirenti è proprio in quell'epoca che la famiglia Cappello mette le mani sulle estorsioni a Catenanuova, Centuripe e Regalbuto gestendone gli affari. Dopo l'arresto di Passalacqua l'attività principale del clan nell'Ennese diventa il traffico di stupefacenti, in particolare marijuana del tipo skunk.

La scorsa estate Salvatore Venia viene nominato responsabile delle estorsioni, e questo per confermare il controllo del clan Cappello sul territorio ennese e soprattutto per assumere il monopolio del traffico di droga che viene organizzato con due distinti gruppi. Il primo facente capo a Salvatore Tirendi, titolare di una pista di kart, e ai figli che si occupano di marijuana; l'altra capeggiata da Gaetano Passalacqua che traffica cocaina.

I due gruppi operano con l'ausilio degli affiliati di Regalbuto e Centuripe, che si occupano oltre che dello spaccio di stupefacenti, dei danneggiamenti contro le imprese che non pagano il pizzo, tra i quali l'incendio che devastò una azienda produttrice di tubi in Pvc a Regalbuto.
 
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view post Posted on 24/2/2014, 13:09




CATANAI. E' stato arrestato a Napoli, Carmelo Distefano, 42 anni l'ultimo latitante dell'operazione 'Stella Polare' contro un'organizzazione accusata di gestire un traffico di sostanze stupefacenti in collaborazione con il clan Santapaola-Ercolano. A bloccare l'uomo, irreperibile dal luglio del 2012, sono stati carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Catania in collaborazione con militari dell'Arma campani. Distefano era destinatario di un ordine di custodia cautelare emesso dal Gip di Catania.
 
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view post Posted on 25/2/2014, 08:17




CATANIA - Gestiscono una grossa catena di supermercati a Catania e diverse società di catering. I nomi di alcuni componenti della famiglia Bosco compaiono nell'elenco dei 27 destinatari di una misura di custodia cautelare in carcere che ha eseguito la Squadra Mobile di Catania nella notte. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, dei reati di associazione a delinquere finalizzata all'usura e all'estorsione.

Nell'ordinanza emessa dal Gip di Catania su richiesta della Procura sono contestati anche diversi episodi di usura e estorsione che la Squadra Mobile ha scoperto durante un'articolata attività di indagine. Trattandosi di una misura cautelare anche reale la polizia sta sequestrando anche diversi beni appartenenti al patrimonio personale e aziendale della famiglia Bosco e di altri indagati.

Nel corso del blitz denominato Money Lending, scattato nelle prime ore del mattino, gli agenti hanno sequestrato un'ingente somma di denaro, centinaia di migliaia di euro, trovata nella cassaforte di uno degli arrestati.
 
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°Lilo°
view post Posted on 11/3/2014, 13:36




CALTANISSETTA - La squadra mobile di Caltanissetta ha eseguito sette ordini di custodia cautelare in carcere, emessi dal gip di Caltanissetta. Gli indagati, tra cui figurano esponenti di spicco della famiglia mafiosa di Cosa nostra nissena e dei mandamenti di Gela e di Vallelunga Pratameno, sono accusati di estorsione aggravata in relazione ad appalti aggiudicati a Caltanissetta e provincia dal 1999 al 2004, la maggior parte dei quali banditi dall'Asi nissena.

Gli arrestati sono Francesco Dario Di Francesco, di San Cataldo, di 55 anni; Antonio Giovanni Maranto, di Polizzi Generosa (Palermo), di 50 anni; e Giovanni Privitera, di Santa Caterina Villermosa, di 58. Il provvedimento del Gip di Caltanissetta è stato notificato in carcere dalla polizia a altri quattro indagati già detenuti: Antonino Racco, di Caltanissetta, di 66 anni; Armando Giuseppe D'Arma, di Gela, di 60 anni; Angelo Palermo, di Caltanissetta, di 57 anni; e a Giuseppe Rabbita, di Caltanissetta, di 44 anni.
 
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°Lilo°
view post Posted on 25/3/2014, 12:11




RIPOSTO. Sono nove le ordinanze di custodia cautelare, sette in carcere e due ai domiciliari, per detenzione illecita e spaccio di sostanze stupefacenti emesse dal Gip, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, ed eseguite stamani nel corso dell'operazione denominata Tabula Rasa. Dalle indagini condotte dalla Guardia di Finanza della Compagnia di Riposto sarebbe emerso che nell'abitazione di uno degli indagati, Roberto La Spina, era stato creato un vero e proprio laboratorio per il confezionamento della droga da immettere sul mercato. Cocaina e marijuana venivano tagliate per poi essere vendute dagli altri indagati principalmente nelle piazze di Giarre, Riposto, Giardini Naxos e Taormina.

Nel corso dell'attività info investigativa le Fiamme Gialle hanno raccolto una serie di elementi probatori a carico dei nove indagati, grazie anche all'ausilio di microspie e di telecamere installate dentro e fuori l'abitazione di La Spina. Numerose le conversazioni captate e registrate dai finanzieri nel corso delle quali venivano illustrate dettagliatamente le modalità e le zone nelle quali spacciare le sostanze stupefacenti. Le immagini registrate dal sistema di video sorveglianza hanno inoltre permesso di identificare tutti i soggetti coinvolti. All'alba di stamani è scattato il blitz che ha visto impiegati sessanta militari della Compagnia di Riposto, della Tenenza di Acireale,della Brigata di Bronte e della Compagnia di Taormina. Fondamentale anche il supporto delle tre unità cinofile provenienti da Catania, con le quali sono state eseguite contestualmente una seri di perquisizioni domiciliari.

Tra meno di un'ora si svolgeranno i primi interrogatori di garanzia nel carcere di Piazza Lanza a Catania.
 
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55 replies since 4/1/2014, 12:51   938 views
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