Il sole a scacchi 2013

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°Lilo°
view post Posted on 10/1/2013, 14:08




http://catania.livesicilia.it/2013/01/10/o...arresti_218007/

Blitz Dia su mafia e rifiuti
Operazione "Nuova Ionia": scattano 27 arresti
Giovedì 10 Gennaio 2013 - 09:22
I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione mafiosa, associazione per delinquere, traffico di rifiuti, traffico di sostanze stupefacenti, traffico di armi aggravato dal metodo mafioso e truffa aggravata ai danni di Ente pubblico: inchiesta sul ciclo dei rifiuti nelle province del capoluogo etneo, Enna e Milano.

Edited by °Lilo° - 15/1/2013, 09:42
 
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°Lilo°
view post Posted on 15/1/2013, 09:41




Gela, sgominato il "terzo polo" della mafia
il boss dava ordini dal carcere con i fazzoletti
In manette 28 componenti del gruppo Alfieri, il clan comandato da "U Jerru" che dal 2005 si sarebbe ritagliato uno spazio tra Stidda e Cosa nostra gestende usura ed estorsioni
15/01/2013
GELA (CALTANISSETTA)
- A Gela c'è un "terzo polo" nella criminalità organizzata, costituito dal cosiddetto gruppo Alferi, un'associazione armata che la squadra mobile di Caltanissetta ha sgominato arrestando, durante la notte, 28 persone in esecuzione di altrettanti ordini di custodia cautelare, di cui 24 in carcere e 4 ai domiciliari. I provvedimenti, emessi dal gip Alessandra Bonaventura, su richiesta della Dda nissena, sono stati eseguiti con l'ausilio degli agenti del commissariato di Gela e delle questure di Asti e Pavia, nell'ambito di un'operazione denominata "Inferis".

Il clan, fondato e diretto da Giuseppe Alferi - detenuto a Catanzaro - soprannominato "U Jerru", dal 2005 si sarebbe ritagliato uno spazio negli affari illeciti, contrapponendosi allo strapotere della Stidda e rendendosi autonomo da Cosa nostra, di cui però si dichiarava alleato. L'organizzazione criminale, insomma, si era ricavata uno spazio tra le due che operano nel territorio.

Secondo gli investigatori, il nuovo sodalizio mafioso era dedito alle estorsioni, alla gestione di un vasto giro di usura, alla ricettazione, all'imposizione del prezzo della frutta (in particolare delle angurie) con illecita concorrenza e usando violenza e minacce. Inoltre, era entrata nella raccolta di materiali ferrosi ai danni di commercianti e artigiani; nell'occupazione abusiva (e successiva vendita) di case popolari dell'Iacp. L'organizzazione disponeva di uomini, armi e mezzi.

Organizzata in "squadre", eseguiva furti di denaro e gioielli nelle abitazioni in città, mentre nelle campagne andava alla ricerca di ferro, rame, alluminio, e di materiale di valore. Rubavano di tutto: auto, furgoni, attrezzature e automezzi industriali per poi restituirli con il cosiddetto metodo del "cavallo di ritorno", cioè dietro pagamento di un riscatto in denaro.

Anche se detenuto nel carcere di Catanzaro, il boss Giuseppe Alferi comunicava con l'esterno, dando ordini, attraverso lo scambio dei pacchetti di fazzolettini che portavano nel parlatorio del carcere sia lui che le persone che lo andavano a trovare, soprattutto la moglie, Silvana Cialdino, e l'amante Maria Azzarelli. Era quest'ultima che nascondeva le armi, prestava denaro a usura, ricettava la refurtiva e occupava gli immobili, svolgendo (in assenza del capo) funzioni di raccordo e di controllo della banda. Una terza donna, Antonella Bignola, dipendente della sala Bingo di Gela, procacciava i clienti indebitati ai quali prestare denaro a usura.
La ferocia della banda si manifestava con attentati dinamitardi e incendiari ad auto e negozi, spari contro saracinesche, vetrine e abitazioni e con atti intimidatori anche in danno di integerrimi esponenti delle forze dell'ordine.

Un consistente contributo alle indagini è stato dato da Emanuele Cascino, figlioccio e fedelissimo del boss, che per dimostrare la propria devozione al "padrino" se ne era fatto tatuare il volto tra spalle e schiena. Ma sfuggito a tre agguati, per contrasti esplosi all'interno della banda, Cascino è scappato da Gela, rifugiandosi al Nord, e ha deciso di collaborare con la giustizia, malgrado Alferi gli abbia fatto sapere che era disposto a riprenderlo garantendogli ogni immunità. I 28 arrestati sono tutti accusati di associazione mafiosa "finalizzata a commettere delitti di ogni genere e, principalmente estorsioni, furti, danneggiamenti col fuoco, usura, occupazione abusiva di immobili ed altri ancora".
 
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°Lilo°
view post Posted on 17/1/2013, 09:53




Palermo
Estorsione a un commerciante, due arresti
17/01/2013
PALERMO
- I carabinieri del reparto operativo e del comando provinciale di Palermo hanno arrestato due persone per estorsione aggravata dall'avere agevolato Cosa Nostra. Si tratta di due presunti esponenti del mandamento mafioso di Resuttana. I due, tra fine 2011 e inizio 2012, avrebbero taglieggiato un commerciante del capoluogo. Stamani verranno sequestrati dai carabinieri beni per circa due milioni di euro, ritenuti riconducibili ai due presunti estorsori e intestati a prestanome.
 
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view post Posted on 22/1/2013, 01:23
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Catania - A distanza di 14 anni dalla "Strage di San Basilio", la Squadra Mobile di Caltanissetta, ha fatto piena luce su quell'agguato in cui morirono cinque persone il 2 gennaio del 1999 nel bar di una stazione di servizio a Vittoria. Il Gip del Tribunale di Catania Laura Benanti, su richiesta della Dda, ha emesso, nell'ambito dell'operazione denominata "Victoria", cinque misure cautelari in carcere nei confronti di Giuseppe Selvaggio, 41 anni di Mazzarino, Alfonso Scozzari 57 anni di Vallelunga Pratameno, Claudio Calogero Cinardo 34 anni di Mazzarino, Orazio Buonprincipio 44 anni di Riesi e Salvatore Siciliano, 48 anni, di Mazzarino, questi ultimi attualmente detenuti rispettivamente a Caltanissetta e a Novara.

Ad impartire l'ordine, secondo il collaboratore di giustizia Carmelo Massimo Billizzi, ex boss di Cosa nostra di Gela, sarebbe stato il clan gelese Emmanuello che mirava ad allargare la sua egemonia anche nel ragusano. Nella strage morirono Angelo Mirabella (in quel momento referente del clan della Stidda di Vittoria), Rosario Nobile e Claudio Motta, ritenuti affiliati al clan Dominante e due giovani avventori estranei alla mafia e uccisi solo perche' erano nel bar: Rosario Salerno e Salvatore Ottone. La sentenza di morte fu emessa dai clan Piscopo ed Emmnauello di Gela, rivali della Stidda vittoriese, facente capo a Carmelo Dominante. Le indagini si sono avvalse anche delle rivelazioni dei cugini Giovanni e Alessandro Piscopo di Vittoria. E emerso che Daniele Emmanuello, all'epoca ai vertici di Cosa nostra di Gela intendeva conquistare anche la ricca provincia di Ragusa per estendere il suo predominio. Per fare ciò Cosa nostra doveva eliminare Angelo Mirabella, reggente della Stidda di Vittoria. In quel periodo il clan di Gela, controllava numerose famiglie mafiose non solo nel nisseno ma anche nel ragusano. Fu Billizzi a rivolgersi al boss di Cosa nostra di Mazzarino Salvatore Siciliano, il quale mise a disposizione Selvaggio e Cinardo e non disponendo di altri uomini disse a Billizzi di rivolgersi alla Cupola di Riesi. A fornire le armi fu Alfonso Scozzari di Vallelunga, parente degli Emmanuello. A Billizzi furono consegnate una magnum 357 ed una pistola calibro 9, armi che poi effettivamente furono utilizzate per la cosiddetta strage di Vittoria. Un anno fa, la Corte d'Assise d'Appello di Catania condannò all'ergastolo due presunti componenti del commando: Giovanni Avvento e Alessandro Emmanuello. Trent'anni di reclusione, invece, vennero inflitti a due collaboratori di giustizia Gianluca Gammino e Carmelo Massimo Billizzi, esecutori materiali della strage. In precedenza erano stati condannati all'ergastolo i fratelli Giovanni ed Alessandro Piscopo, ed il cugino Alessandro Piscopo, ritenuti i mandanti, ed Enzo Mangione, presunto basista.
 
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view post Posted on 27/1/2013, 00:43
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CATANIA - E' stato incastrato al distributore di benzina, mentre voleva acquistare alcuni pezzi di ricambio per il suo potente fuoristrada. Dal benzinaio, però, c'erano anche i carabinieri del Reparto Operativo, che lo hanno ammanettato facendo finire così la sua latitanza.

Salvatore Faro, 43 anni, uomo considerato vicino al clan Santapaola, è uno dei protagonisti della "banda delle rapine in villa" che faceva razzie nelle ville di Pedara e dell'hinterland catanese: per questo era già stato arrestato dalle Forze dell'Ordine, ma lo scorso 6 dicembre era riuscito a scappare, dalla comunità terapeutica di Marsala dove stata scontando gli arresti domiciliari. Nei suoi confronti era appena stata emessa la sentenza di condanna non definitiva a 9 anni per rapina aggravata in concorso, sequestro di persona, porto abusivo di arma clandestina e ricettazione.

I Carabinieri seguivano le sue mosse già da tempo: ieri pomeriggio è scattato il blitz che ha portato al suo arresto, eseguendo l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip lo scorso 12 dicembre. Faro si è fermato in un distributore di benzina e, appena sceso dal suo fuoristrada, è stato bloccato dai militari mentre stava parlando con il benzinaio per concordare l'acquisto di alcuni pezzi di ricambio. Adesso è rinchiuso nel carcere di PIazza Lanza.

L'operazione che aveva portato al suo arresto si chiamava "Notte serena": il 27 settembre 2011 Faro era stato fermato insieme ad altri tre complici per le rapine in villa , compiute tutte tra l’estate del 2010 e quella del 2011. Le drammatiche sequenze delle rapine erano sempre le stesse: i banditi, in quattro o in cinque, riuscivano ad irrompere nelle ville, privilegiando quelle senza impianto di allarme. Gli abitanti, ancora in casa, venivano minacciati con le armi, aggrediti e chiusi in una stanza mentre i rapinatori facevano razzia di tutto l'interno. Poi riuscivano a scappare a bordo di auto rubate il giorno prima.

Attached Image: faro

faro

 
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view post Posted on 29/1/2013, 14:23




Omicidi ed estorsioni, scovato
il boss barcellonese latitante
Il cinquantaduenne Filippo Barresi, esponente numero uno del clan del Messinese, si nascondeva in una casa a Milazzo. Arrestato un complice per favoreggiamento
29/01/2013
BARCELLONA POZZO DI GOTTO (MESSINA) - La polizia ha arrestato stamani a Barcellona Pozzo di Gotto (Me) il latitante Filippo Barresi, 52 anni, il più importante esponente del clan locale. L'uomo, considerato autore di omicidi ed estorsioni, aveva fatto perdere le sue tracce due anni fa dopo una condanna, ma oggi gli uomini del commissariato lo hanno scovato: si nascondeva in una casa di Barcellona Pozzo di Gotto.

Recentemente la Direzione investigativa antimafia di Messina aveva eseguito nei confronti di Barresi un provvedimento di sequestro beni e quote societarie, per un valore stimato in circa 2 milioni di euro, emesso dalla Sezione misure di prevenzione del tribunale dello Stretto. Nel 2011 il boss si è sottratto all'esecuzione dell'ordinanza cautelare emessa nell'ambito dell'operazione "Gotha" che ha decapitato il clan dei barcellonesi.

Già noto dai primi anni 70 alle forze di polizia per reati contro il patrimonio, strage, tentata estorsione, droga e altri reati - tanto da essere sottoposto per due volte alla misura della diffida e alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel Comune di Barcellona per 3 anni - Barresi è stato coinvolto nei principali procedimenti penali nei confronti delle associazioni mafiose operanti nella zona tirrenico-nebroidea della provincia dello Stretto, quali "Mare Nostrum", "Icaro" e "Gotha".

Barresi si nascondeva a Milazzo in casa di un suo complice. Gli agenti hanno accerchiato l'abitazione, che aveva le porte sbarrate e le luci spente, come se fosse disabitata. Barresi si nascondeva in un vano del sottotetto, dove è stato trovato, e non era armato. Barresi si è complimentato con gli agenti, affermando che se non l'avessero preso non si sarebbe mai costituito. Il complice del boss è stato trovato nel vano doccia dell'abitazione e anche lui è stato arrestato per favoreggiamento.

Barresi era ricercato dal 16 giugno 2011 ed è stato descritto dai collaboratori di giustizia Bisognano, Gullo, Truscello e Castro come elemento di vertice nel sodalizio criminale, e accusato di essere stato l'esecutore materiale di alcuni omicidi (Siracusa, Cattanino) avvenuti nei primi anni Novanta.
 
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°Lilo°
view post Posted on 31/1/2013, 16:15




Pizzo a un bar di Librino, sei arresti
Catania: in manette presunti esponenti del clan Santapaola-Ercolano. L'indagine ha preso avvio dalle dichiarazioni dell'ex boss pentito Santo La Causa
31/01/2013

CATANIA - Sei persone, ritenute vicine al clan Santapaola-Ercolano, sono state fermate da carabinieri del comando provinciale di Catania per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Il provvedimento restrittivo è stato emesso dalla Procura della Repubblica.

I fermati sono Angelo Mirabile, di 47 anni, ritenuto il responsabile del clan nel rione Villaggio Sant'Agata, Salvatore Aiasecca, di 54 anni, Davide Salvatore Licciardello, di 36, Salvatore Gerardo Marro, di 50, Orazio Papale, di 46, e Davide Seminara, di 35.

Le indagini erano state avviate sulle dichiarazioni rese alla Dda della Procura etnea dal boss "pentito" Santo La Causa, che ha rivelato ai magistrati, tra l'altro, le dinamiche di un'estorsione al titolare di un bar del popoloso rione di Librino che era vittima del racket dal 2004.

All'insaputa dell'esercente, carabinieri del comando provinciale di Catania hanno attivato un servizio di sorveglianza davanti il locale: quando l'esattore, Enrico Davide Finocchiaro, di 27 anni, ha incassato il 'pizzo' mensile di 200 euro è stato bloccato e arrestato da militari dell'Arma. Dopo l'operazione, la Direzione distrettuale antimafia della Procura di Catania ha emesso il provvedimento di fermo per gli altri sei indagati, per estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Video



Catania, catturato latitante del clan dei Cursoti
31/01/2013


CATANIA - Il latitante Salvatore Onorato, 32 anni, indicato da investigatori come vicino al clan dei Cursoti milanesi, sfuggito a un'operazione antidroga del 18 dicembre del 2012 nel rione Villaggio Sant'Agata, è stato arrestato da carabinieri del nucleo investigativo del reparto operativo di Catania. È indagato per associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e furto aggravata in concorso. L'uomo è stato condotto nel carcere di Bicocca.

Edited by Tex - 31/1/2013, 20:33
 
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view post Posted on 4/2/2013, 15:06




Palermo: fugge prima della condanna
arrestato favoreggiatore del boss Nicchi
Gioacchino Martorana avrebbe aiutato il capomafia durante la latitanza. Già qualche giorno prima della sentenza l'imputato era irreperibile, è stato trovato a casa di un conoscente
04/02/2013
PALERMO - I carabinieri del Reparto operativo di Palermo hanno arrestato Gioacchino Martorana, 51 anni, accusato di associazione mafiosa, estorsione, rapina, traffico di droga e favoreggiamento. Avrebbe aiutato il boss Gianni Nicchi durante la latitanza. La misura cautelare è stata disposta dal gip dopo il verdetto che ha condannato Martorana a 9 anni.

Già da qualche giorno prima della sentenza l'imputato era irreperibile. Grazie al pedinamento di amici e familiari, è stato trovato a casa di un conoscente. Dalle indagini è emerso che Martorana gestiva le estorsioni per conto del reggente del mandamento mafioso di Pagliarelli, Michele Armanno.
 
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view post Posted on 6/2/2013, 13:25
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PALERMO - I carabinieri di Caccamo (Palermo) hanno eseguito un ordine di carcerazione nei confronti di Salvatore Puccio, 66 anni, ex macellaio, condannato con pena definitiva a 23 anni, 2 mesi e 12 giorni per omicidio aggravato in concorso con Antonino Giuffrè, Girolamo Pirronitto, Bernardo Provenzano, Ciro Vara e Giuseppe Madonia che il 23 febbraio '88 uccisero a Valledolmo (Palermo) Gandolfo Panepinto, un meccanico, che stava eseguendo lavori di muratura nella sua officina.

Il commando era formato, oltre che da Puccio, da Rosolino Rizzo e da Giuffrè, all'epoca dei fatti capo del mandamento mafioso di Caccamo, su disposizione del boss Provenzano. L'assassinio fu eseguito per riportare l'ordine a Valledolmo, dove Panepinto avrebbe commesso estorsioni ai danni di allevatori e imprenditori senza l'autorizzazione dei boss. Fondamentale nella ricostruzione della vicenda è stata la collaborazione di Giuffrè. Lo scorso 23 ottobre la corte d'appello di Palermo aveva assolto Puccio dall'accusa di associazione mafiosa, nonostante sei pentiti lo avessero descritto come facente parte della cosca mafiosa di Caccamo, dichiarazioni che in primo grado gli erano costate la condanna a 10 anni.
 
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view post Posted on 12/2/2013, 12:04
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GELA (CALTANISSETTA) - I carabinieri del reparto territoriale stanno eseguendo a Gela (Caltanissetta) 18 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di 17 esponenti della stidda e uno di Cosa nostra, accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, traffico di stupefacenti, detenzione di armi e munizioni. L'operazione, denominata "Agorà", ha azzerato i vertici dell'organizzazione 'stiddara' con la cattura di capi storici e gregari che disponevano di armi ed esplosivi, controllavano gli affari illeciti, pianificavano attentati e imponevano il pizzo a commercianti e imprenditori. Dure le rappresaglie contro chi non pagava.

Le indagini, scattate nel maggio del 2010, hanno permesso di accertare autori e mandanti di vari episodi criminosi tra cui la progettazione dell'omicidio di un pregiudicato comune, colpevole di avere incendiato l'automobile a uno stiddaro. Per impedire il delitto e proseguire le indagini senza suscitare sospetti, i carabinieri arrestarono la vittima prima che scattasse l'agguato mortale. L'inchiesta ha gia' permesso di sequestrare cinque chili di hashish. Nell'operazione sono impegnati quasi cento carabinieri, un elicottero e unità cinofile alla ricerca di armi e droga.

L'operazione ha quindi permesso di ricostruire l'organigramma della stidda di Gela e i rapporti di stretta collaborazione con Cosa Nostra, con la quale, in certe zone e in determinate circostanze, venivano divisi al 50% i proventi degli affari illeciti pianificati, secondo "una vera e propria logica di spartizione delle fonti di guadagno". La richiesta del pizzo avveniva in diverse forme, con l'assunzione di stiddari e con pagamenti periodici o "una tantum", sottoforma di regali agli uomini delle cosche o come contributo per le famiglie dei detenuti, specie sotto le festività di Pasqua, Ferragosto, festa della patrona e a Natale.

Un imprenditore ha rivelato di avere subito, nel 2000, da Giuseppe D'Arma, uno degli arrestati, la richiesta del 2% dell'appalto di 900 milioni di lire. Pagò un primo acconto di un milione l'indomani. Nel 2008, sarebbe stato Alessandro Antonuccio, per la Stidda ad avanzare altre richieste simili. I soldi servivano all'organizzazione anche per pagare le costose spese legali. Secondo i carabinieri, Emanuele Palazzo controllava tutto e si rapportava con gli esponenti di Cosa Nostra. Il luogo degli incontri era piazza Municipio, dove gli investigatori, con potenti mezzi audio-visivi, hanno registrato a distanza immagini e conversazioni. I luogotenenti di Palazzo erano Giuseppe Romano (curatore delle estorsioni e delle ritorsioni da attuare contro chi non pagava), Massimiliano Tomaselli (responsabile del grosso traffico di stupefacenti con Carmelo Antonuccio e Andrea Mangiameli come corrieri della droga), i fratelli Calogero e Alessandro Peritore (per lo spaccio).


L.S.

Attached Image: arresti-gela

arresti-gela

 
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view post Posted on 14/2/2013, 19:47




Racket sulle case popolari
Blitz a Palermo, 14 arresti - VIDEO
Smantellato un clan che gestiva assegnazioni abusive ed estorsioni nel quartiere Zen. Gli alloggi lasciati liberi dai legittimi aggiudicatari venivano "rivenduti" dietro un compenso non inferiore ai 15 mila euro. All'interno i nomi
14/02/2013
PALERMO - Avrebbero gestito l'assegnazione abusiva di case popolari nel quartiere Zen, oltre al controllo sistematico del territorio con estorsioni e altre attività criminali. È questa l'accusa contestata ai componenti di un clan che è stato smantellato a Palermo in seguito a una vasta operazione antimafia. Gli agenti della Squadra Mobile hanno eseguito, in collaborazione con la Dia, 14 provvedimenti di fermo emessi dalla Dda per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, tentata estorsione, violenza privata aggravata ed estorsione aggravata.

Le indagini hanno accertato che i componenti del clan, utilizzando la forza di intimidazione tipica di Cosa Nostra, imponevano agli abitanti dei padiglioni e alle attività commerciali della zona il pagamento di una somma di denaro, gestivano direttamente l'assegnazione delle case popolari attraverso un mercato parallelo e illegale e interferivano su ogni iniziativa economico-imprenditoriale.

L'organizzazione si occupava anche di far presidiare fisicamente da persone di fiducia gli alloggi popolari lasciati liberi dai legittimi assegnatari che avrebbero così perso il diritto alla casa. L'immobile veniva successivamente "riassegnato" dietro un compenso non inferiore ai 15 mila euro.

La mafia si sostituisce allo Stato e assegna le case popolari, con le buone o con le cattive. Il pentito Salvatore Giordano non usa mezze misure. "Hanno bisogno di prendere le case - racconta ai pm -, che poi vendono. Le fanno occupare da famiglie che hanno tre o quattro figlì, così che le forze dell'ordine non provvedono allo sgombero coatto perchè si trovano di fronte a nuclei familiari con più figli minori".

Una tecnica che prevede anche l'uso delle maniere forti. "E poi ti ricinu tu tinn'agghire ri ccà...u ieccano, l'ammazzano a bastonate (e poi ti dicono. tu te ne devi andare da qui, lo buttano a terra, l'ammazzano a bastonate)", dice Giordano.

Quando il pm ribatte che gli alloggi sono dell'Istituto autonomo case popolari, Giordano ribatte: "Lasci stare, sunnu i nuostre, un su ri case popolari, su nuostre (sono nostre, non sono delle Case popolari, sono nostre)". Gli edifici, come racconta il collaboratore, se servivano a Cosa nostra, venivano sgomberati con la forza e occupati, poi anche venduti a 15-20 euro ciascuno.

Ma c'era anche la raccolta "per i carcerati". Se ne occupava anche Giordano che era il responsabile dei condomini." Dieci euro a famiglia - spiega - ma le case non sono tutte occupate da persone, alcune unità servono anche per la produzione e deposito di droga".

GLI ARRESTATI. I provvedimenti eseguiti dalla squadra mobile e dalla Dia di Palermo sono scattati per Antonino Pirrotta di 48 anni, Salvatore Vitale di 56; Letterio Maranzano, di 27; Giuseppe Covello, di 51; Giovanni Di Girolamo, di 48; Michele Moceo, di 34; Rosario Sgarlata, di 45; Franco Mazzè, di 44; Giovanni Ferrara, di 37; tutti accusati anche di associazione mafiosa. Fermati anche i componenti di un nucleo familiare coinvolto nell'occupazione di un'abitazione: Antonino Maranzano di 43 anni, Antonino Spina di 22, Salvatore Spina di 31 e Angela Spina di 28. Fermata Domenica Mazzè, che si trovava ricoverata nel reparto di medicina interna al Policlinico.
 
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view post Posted on 15/2/2013, 13:38
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CASTIGLIONE DI SICILIA - E’ finito in manette con l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso l’imprenditore 62enne Orazio Papa, prelevato all’alba di stamani dalla sua abitazione di Castiglione di Sicilia, dai carabinieri della Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto e di Randazzo.

L’uomo, operante nel settore del movimento terra e con alle spalle precedenti penali per reati contro la persona e il patrimonio, avrebbe estorto al titolare di un’azienda agricola del comprensorio barcellonese una somma di denaro per la restituzione di una serie di mezzi, tra cui una ruspa ed un bobcat, rubati alla vittima nel novembre del 2012. E’ stato quel furto a dare il via alle indagini condotte dai militari della Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina. Dall’attività investigativa sarebbero emerse le quotidiane e pressanti richieste di denaro esercitate dall’imprenditore catanese, ritenuto dagli investigatori vicino ad elementi della criminalità organizzata operanti nella provincia etnea. Orazio Papa, prima dell’arresto, avrebbe ricevuto 4000 euro dall’imprenditore agricolo a fronte delle 5000 richieste.

Gli importanti elementi di prova raccolti a carico di Orazio Papa sono sfociati nella richiesta del provvedimento di custodia cautelare in carcere, emesso questa mattina dal Gip di Messina. L’uomo si trova ora rinchiuso nel carcere di Messina Gazzi.

Le indagini sono ancora in corso per individuare i mezzi rubati e gli autori del furto.
 
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view post Posted on 16/2/2013, 12:20
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CATANIA. La squadra mobile di Caltanissetta, dopo 22 anni di indagini, ha identificato e arrestato 10 tra capi e gregari di Cosa Nostra di Niscemi, ritenuti a vario titolo esecutori e mandati dell'assassinio di Roberto Bennici e del tentato omicidio di Francesco Nanfaro, due affiliati alla Stidda niscemese, raggiunti dai killer il 23 ottobre del '90 mentre erano seduti in un bar del paese. Le manette sono scattate per il boss Giancarlo Giugno, di 53 anni, e Rosario La Rocca, di 56 anni, inteso ''Saro Pacola", entrambi pregiudicati di Niscemi, raggiunti da ordine di custodia cautelare in carcere emesso dal Gip del tribunale di Catania Alessandro Ricciardolo, su richiesta della Dda etnea. Agli altri otto imputati, in stato di detenzione, i provvedimenti restrittivi sono stati notificati in carcere. Si tratta di Salvatore Calcagno, 58 anni, di Niscemi; Giovanni Passaro, di 56, Giuseppe Tasca, di 40 anni, Pasquale Trubia, di 45, Emanuele Cassarà, di 42, Emanuele Iozza, di 51, tutti di Gela; Angelo Tisa, di 45 ani, e Salvatore Siciliano, di 48 anni, entrambi di Mazzarino.

L'omicidio di Roberto Bennici e il grave ferimento di Francesco Nanfaro avvennero nel corso della guerra di mafia tra Stidda e Cosa Nostra, in atto in quegli anni nella province di Caltanissetta e Ragusa, di cui Niscemi viene indicato dagli inquirenti "Crocevia Criminale". Il commando di morte, fornito dalle famiglie del clan Madonia di Cosa Nostra, partì da un covo delle campagne di Acate, col compito di ammazzare chiunque incontrassero della famiglia stiddara dei Russo. A sparare sarebbe stato il pentito Angelo Celona, (che si autoaccusa dell'agguato) insieme con Francesco La Cognata e l'autista Emanuele Trainito, entrambi nel frattempo deceduti. Rosario Lombardo e Rosario La Rocca sarebbero stati i basisti, assicurando il supporto logistico e l'eventuale copertura. Con i restanti imputati (ritenuti mandanti), sono accusati di omicidio, tentato omicidio, associazione mafiosa, ed altro.

Il riepilogo dell'operazione: Erano i fratelli Vincenzo Rosario e Salvatore Russo, capi indiscussi della Stidda di Niscemi, i veri obiettivi del gruppo di fuoco fornito dalle famiglie gelesi di Cosa nostra, il 23 ottobre del 1990, "per fare un favore a Giancarlo Giugno". Lo scrivono polizia e magistratura nel loro documento d'accusa. Si era in piena guerra di mafia tra i due clan opposti e i boss però risultavano irraggiungibili perché stavano barricati nelle loro case-rifugio. Celona, La Cognata e Trainito, partiti dal covo nelle campagne di Acate, avevano tuttavia la libera alternativa di uccidere ogni altro stiddaro che incontravano sulla loro strada. Facevano da basisti Rosario La Rocca e Rosario Lombardo (Saru Cavaddu) scomparso di recente. L'omicidio di Roberto Bennici divenne perciò quasi casuale. Su indicazione di Lombardo e La Rocca, i killer gelesi, armati di pistole, gli spararono alle spalle, mentre stava seduto al bar Sicilia, e ferirono gravemente l'avventore che gli stava di fronte, Francesco Nanfaro, anche lui stiddaro, che riuscì a guarire. Per quell'agguato, Angelo Celona avrebbe ricevuto anche un regalo dai capi: un orologio e dei soldi. Lo racconta il fratello Emanuele, collaboratore di giustizia. Sono otto i pentiti accusano Giugno di essere il mandate dell'omicidio di Bennici e del ferimento di Nanfaro. Tra i collaboratori di giustizia che ne descrivono il profilo criminale di boss di Cosa nostra, c'é anche il pentito storico, Leonardo Messina. Di Giancarlo Giugno riferisce le capacità di leader malavitoso, sicuro e intraprendente, assoluto padrone, all'inizio degli anni '90, degli affari illeciti e pure del potere politico-amministrativo al comune di Niscemi, di cui era stato consigliere comunale nella lista della Dc. Il sindaco dell'epoca, Paolo Rizzo (Dc anche lui), era suo cognato e la carica di segretario comunale era ricoperta da un cugino degli Arcerito di Cosa nostra. Non si poteva permettere perciò alla "Stidda", capeggiata dai fratelli Vincenzo, Rosario e Salvatore Russo, di mettere in discussione il proprio controllo del territorio. La guerra che si scatenò in quegli anni riguarda anche Gela, Vittoria e altri comuni del Nisseno e del Ragusano, con stragi, agguati mortali e ferimenti. Nel rapporto consegnato alla magistratura, la squadra mobile di Caltanissetta, guidata dal vice questore Giovanni Giudice, illustra la situazione di quegli anni e i delitti che a decine furono compiuti nelle città e nelle campagn
 
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view post Posted on 21/2/2013, 12:18




Colpo alla mafia di Acireale
In manette cinque affiliati del clan Ercolano-Santapaola che controllavano il territorio fino ad Acicatena. Uno di loro avrebbe partecipato alla rapina a una gioielleria di Nicolosi in cui morì uno dei ladri, colpito dal titolare del negozio
21/02/2013
CATANIA - La notte scorsa i carabinieri di Acireale (Catania) hanno eseguito 5 ordinanze di custodia in carcere nei confronti di altrettanti presunti affiliati a Cosa Nostra, appartenenti al clan Santapaola-Ercolano, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa finalizzata alla commissione di reati contro la persona e il patrimonio, quali rapine ed estorsioni. I provvedimenti restrittivi sono stati emessi dal gip del Tribunale di Catania su richiesta della locale Procura della Repubblica-Direzione distrettuale antimafia.

L'operazione è stata denominata "Squalo". Sono stati arrestati Antonino Patanè, sorvegliato speciale di 47 anni, ritenuto il reggente della cosca Santapaoliana di Acireale-Acicatena, e Salvatore Indelicato, di 43, considerato uno dei reggenti della consorteria. L'ordinanza è stata notificata in carcere, dove erano già detenuti, a Stefano Sciuto, di 31 anni, figlio del capoclan dell'hinterland acese ergastolano Sebastiano Sciuto, a Camillo Brancato, di 37 anni, e Calogero Paolo Polisano, di 45.

L'indagine che ha portato ai provvedimenti restrittivi è stata avviata nel 2008 e, secondo l'accusa, avrebbe permesso di accertare il controllo del territorio da parte del sodalizio criminale appartenente al clan Santapaola-Ercolano. I proventi della attività illecite erano finalizzati al sostentamento delle famiglie dei detenuti e al pagamento delle spese legali degli affiliati.

Tra le rapine contestate agli indagati quella commessa nel febbraio del 2008 a Nicolosi (Catania) alla gioielleria 'Pierre Bonnet', alla quale avrebbe partecipato Stefano Sciuto. Durante la rapina il titolare dell'esercizio commerciale esplose numerosi colpi di arma da fuoco contro i malviventi causando la morte di Sebastiano Catania, figlio dell'ergastolano Alfio, considerato esponente di spicco del clan, e il ferimento di Fabio Pappalardo. Altra rapina di rilievo è quella commessa nell'aprile del 2008 all'agenzia di Francavilla di Sicilia (Messina) del Credito Siciliano, alla quale avrebbero preso parte Stefano Scuto e Camillo Brancato, per un bottino di 2.343 euro.
 
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°Lilo°
view post Posted on 27/2/2013, 13:55




Palermo
Imprenditore denuncia, quattro arresti per estorsione
27/02/2013
PALERMO - I Carabinieri del reparto operativo del comando provinciale di Palermo hanno eseguito quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere per estorsione emesse dal Gip su richiesta della Dda, nei confronti di presunti esponenti di Cosa Nostra. Le indagini sono state avviate dopo la denuncia di un noto imprenditore palermitano, titolare di una società di ristorazione e catering. La vittima ha raccontato di essere stato contattato nel marzo scorso dagli esattori del racket i quali gli avrebbero contestato di aver intrapreso l'attività commerciale senza aver chiesto l'autorizzazione a cosa nostra, ovvero di non essersi "messo a posto". I quattro, ai quali viene contestato il reato di tentata estorsione aggravata dalle finalità mafiose, avrebbero preteso il versamento di 2 mila euro, da pagare sia a Pasqua che a Natale, per il sostentamento delle famiglie dei detenuti.
 
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82 replies since 10/1/2013, 14:08   3998 views
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