Il sole a scacchi 2015

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view post Posted on 27/5/2015, 12:28




CATANIA – Ora il trono degli Sciuto Tigna è veramente vuoto. Catturato uno dei boss di rilievo della cosca mafiosa dopo un anno di latitanza. Innocenzo Lavagna, conosciuto come Enzo Pinocchio, è stato arrestato dalla Squadra Mobile e dallo Sco di Roma. Il 15 aprile 2014 la Procura Generale aveva emesso un ordine di carcerazione per una condanna definitiva per associazione mafiosa. “Pinocchio” dovrà scontare 7 anni di carcere.

Si nascondeva a Catania, nel cuore della Civita. Il suo covo ricavato nel retro di una sala da parrucchiere è stato scoperto ieri sera dai poliziotti: prezioso il contributo degli specialisti del Servizio Polizia Scientifica appositamente inviati da Roma.


Sciuto, il trono nella casa del capomafia e il latitante Lavagna


Il curriculum criminale di Lavagna è quello di un boss di calibro: rapine, estorsioni e negli anni ’90 fu coinvolto anche nei piani di alcuni omicidi. E’ organico del clan che fa riferimento al padrino Biagio Sciuto, arrestato nel 2008 e al momento processato per essere il mandante dell’omicidio del piccolo boss di San Giorgio Sebastiano Fichera. In quel procedimento è stata acquisita la foto di quel particolare tono in legno con i due leoni intagliati che Biagio Sciuto si era fatto realizzare per arredare la sua cucina in muratura. Una foto che è entrata nell’iconografia della mafia catanese e che oggi sembra quasi evocare quel trono vuoto a capo della Cosca. Perché con l’omicidio di Giacomo Spalletta, la cattura ieri sera di Enzo Pinocchio e Biagio Sciuto dietro le sbarre il clan mafioso degli “Sciuto-Tigna” sembra ormai estinto.




La storia della cosca parte da Giuseppe Sciuto soprannominato “Tigna”, che fu ucciso nel dicembre 1992. La cosca avevano ingaggiato una guerra contro Salvatore Cappello e Salvatore Pillera, siamo nei primi anni '90. Dopo è seguita una sorta di pax mafiosa fino almeno all’omicidio di Ianu Fichera, che ha riaperto una frattura con il gruppo dei Carateddi. Qualche pentito dice che Biagio Sciuto è vivo solo perché è stato arrestato.

Ma torniamo al profilo criminale di Innocenzo Lavagna. Finisce in carcere nel 1995 per associazione mafiosa e tentato omicidio aggravato. Enzo Pinocchio era tra coloro che volevano “eliminare” i parenti di un collaboratore di giustizia. Nel 2001 è nuovamente arrestato nell’ambito dell’operazione Game Over che ha estirpato il potere agli Sciuto Tigna: è condannato a cinque anni e quattro mesi nel 2003. Un anno dopo la Squadra Mobile esegue la retata Gold King, 43 affiliati degli Sciuto Tigna (tra cui Lavagna) finiscono in carcere per estorsioni, traffico di sostanze stupefacenti, usura, riciclaggio e altri reati.

I “Tigna” sono stati decapitati. La cattura di Lavagna, infatti, rappresenta un colpo di scure agli Sciuto che in trent’anni hanno scritto una delle pagine più oscure del crimine di questa città.


***


PALERMO - La crisi economica che attanaglia i commercianti palermitani spinge i boss a tornare al traffico degli stupefacenti, business attualmente privilegiato rispetto al racket delle estorsioni che, negli ultimi anni, ha rimpinguato le casse dei clan e sostentato le famiglie dei picciotti detenuti.

È uno dei particolari che emerge dal blitz dei carabinieri che oggi ha portato all'arresto di 39 mafiosi per disposizione del gip, nei confronti di esponenti del clan mafioso di Pagliarelli, accusati di associazione mafiosa, traffico di droga, estorsione e corruzione.

Nel corso dell'indagine sono stati sequestrati centinaia di chili di droga. L'inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia guidata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, ha disarticolato i vertici dei clan di Pagliarelli, Corso Calatafimi e Villaggio Santa Rosalia.

Nel corso dell'inchiesta, coordinata dalla Dda, i carabinieri hanno sequestrato oltre 250 chili di droga. Scoperte, comunque, diverse estorsioni: i commercianti continuano a pagare anche se qualcuno trova il coraggio di denunciare.

Un imprenditore, che stava effettuando lavori di ristrutturazione al Policlinico, si sarebbe rivolto agli inquirenti raccontando loro di avere ricevuto una richiesta di pizzo di 500 mila euro.

Tra gli altri, in cella, sono finiti i tre nuovi capi del mandamento di Pagliarelli, una sorta di triumvirato che, dopo le decine di arresti degli ultimi anni, tentava di riorganizzare il clan.

Attraverso un prestanome la mafia gestiva il bar dell'ospedale Civico di Palermo che era anche diventato luogo di incontro dei boss. Il bar è stato sequestrato, ma gli investigatori continuano le indagini per chiarire l'origine dell'aggiudicazione dell'attività commerciale e se altre attività, all'interno del nosocomio, fossero controllate da Cosa nostra.

A gestire i traffici di droga, grazie ai suoi contatti con i cartelli peruviani ed ecuadoregni, era una donna, Concetta Celano, sorpresa dai carabinieri, anni fa, mentre tornava da un'udienza di convalida di un arresto con cinque chili di droga nel bagagliaio dell'auto.

L'inchiesta ha svelato il ritrovato interesse delle cosche per il traffico degli stupefacenti. La mafia si riforniva in Campania e Piemonte e aveva codificato una sorta di protocollo per regolamentare l'attività. La droga veniva immessa sul mercato il giovedì in modo che arrivasse in grande quantità per il week end.

Il lunedì gli incassi della vendita venivano consegnati perché fossero reinvestiti nell'acquisto di altro stupefacente. I pusher erano controllati in modo rigido. Venivano loro prese moto e scooter che cosa nostra tratteneva in pegno e restituiva solo se rispettavano le regole. In caso di violazioni scattavano anche sanzioni più gravi come i pestaggi.

C'è anche un commissario della polizia municipale, Gaetano Vivirito, tra gli arrestati nel blitz antimafia dei carabinieri di Palermo. È accusato di corruzione: il mafioso Antonino Calvaruso, proprietario di un autolavaggio, che ospitava anche summit di mafia, gli avrebbe chiesto del denaro in cambio di un intervento per evitargli sanzioni dopo un controllo dei vigili urbani. Vivirito avrebbe accettato. Le intercettazioni mettono in luce anche i pesanti giudizi espressi dal vigile nei confronti dei colleghi troppo solerti e da lui definiti "crasti" (cornuti, ndr).

GLI ARRESTATI: Alessandro Alessi, Giuseppe Perrone, Vincenzo Giudice, Michele Armanno, Giovan Battista Barone, Salvatore Sansone, Tommaso Nicolicchia, Andrea Calandra, Giosuè Cadtrofilippo, Giovanni Giardina, Alessandro Anello, Carlo Grasso, Antonino Spinelli, Matteo Di Liberto, Rosario Di Stefano, Aleandro Romano, Stefano Giaconia, Giuseppe Giaconia, Concetta Celano, Giuseppe Castronovo.

Ai domiciliari sono finiti Vincenzo Bucchieri, Paolo Castrofilippo, Daniele Giaconia, Giovanni Correnti, Antonino Calvaruso, Gaetano Vivirito, Luigi Parolisi, Carmelo Migliaccio, Salvatore Ciancio, Domenico Nicolicchia, Giuseppe Bruno, Pietro Abbate e Antonino Abbate.

Per Mauro Zampardi, Angelo Milazzo, Cosimo Di Fazio, Giovanni Catalano, Giuseppe Di Paola e Francesco Ficarotta è stato disposto l'obbligo di dimora.
 
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view post Posted on 11/6/2015, 15:37




ENNA - I tentacoli della mafia catanese sarebbero arrivati fino a Troina, comune dell'ennese. Un'organizzazione direttamente collegata ai Santapaola è stata azzerata dalla Squadra Mobile di Enna. La Dda di Caltanissetta ha emesso un provvedimento di fermo nei confronti di 12 persone (due sono latitanti) che avrebbero imposto il controllo criminale con la forza intimidatrice dell'appartenenza al clan criminale e la potenza di fuoco delle armi.

I catanesi arrestati sono Concetto Puglisi, 34 anni, conosciuto come "Concettu u Russu" e Maurizio Amendolia, 46 anni, di Camporotondo Etneo.

Fermato l'uomo che avrebbe fatto da "ponte" tra Enna e i boss di Aci Catena, piccolo centro catanese delle Aci, della famiglia Santapaola. Il referente di Cosa Nostra di Troina sarebbe Davide Schinocca: era lui che manteneva i rapporti con i maifosi della "Catina": una sorta di anello di congiunzione con i vertici santapaoliani per avere direttive e relazionare sugli affari illeciti. I catanesi arrestati sono Concetto Puglisi, 34 anni, conosciuto come "Concettu u Russu" e Maurizio Amendolia, 46 anni, di Camporotondo Etneo.

Era la gestione dei videopoker e slot machines una delle sicure fonti di guadagno del sodalizio mafioso. Le macchinette erano illegale e non collegati all’Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato. L'associazione era la monopolista della collocazione di tutti i videogiochi, che grazie ad alcune modifiche al software interno, si trasformavano, con l’inserimento di un codice da parte del gestore, in veri e propri strumenti del gioco d'azzardo.

Il gruppo sarebbe responsabile di furti, estorsioni, danneggiamenti ed anche una rapina a mano armata che doveva servira a foraggiare le casse della famiglia Santapaola di Aci Catena. L'indagine che è durata oltre due anni, attraverso intercettazioni e anche della collaborazione di alcuni cittadini, ha portato nei mesi a sequestrate numerose armi (anche clandestine), che servivano all'organizzazione per imporsi sul territorio con maggiore veemenza e pericolosità. Le “tecniche” estorsive utilizzate erano quelle “classiche”: furto di automezzi, di macchine agricole e bestiame; l’imposizione di forniture nonché il danneggiamento di veicoli ed altro.




Il potere criminale si sarebbe manifestato anche nel tentativo di condizionare l'attività politico amministrativa nel Comune di Troina, il cui sindaco, Fabio Venezia, da tempo e' sotto scorta. Avrebbero provato a "pilotare" anche il risultato delle elezioni del 2013. I picciotti di Schinocca avrebbero "pressato" un consigliere comunale di Troina che sosteva l'attuale sindaco, “consigliando” caldamente di far mancare il supporto a Venezia (impegnato nelle attività “antimafia” finalizzate al rispetto della legalità), e di mettere invece a disposizione la propria carica per concedere favori “a chi ne avesse avuto bisogno”. Il malvivente avrebbero voluto "infiltrarsi" nell’organizzazione di alcune manifestazioni patrocinate dal Comune, come il gran galà equestre città di Troina.

Spietati e pericolosi. Nel 2014 tre catanesi fanno irruzione in una gioielleria: sono armati di un fucile a canne mozze e di due pistole. Una rapina con un bottino di enorme valore: riescono a portare via oro e preziosi. Mentre i titolari presi in ostaggio guardano svaligiare il loro negozio impotenti. Le intercettazioni permettono di ricostruire il piano criminale: Davide e Patrik Schinocca, insieme a Domenico Sotera con la collaborazione di altre tre persone forniscono la base logistica ai tre rapinatori inviati dai boss di Aci Catena.

Nell'esecuzione della misura nella provincia etnea ha fornito supporto alla polizia di Enna la Squadra Mobile di Catania. I due latitanti secondo gli investigatori sarebbero fuggiti all'estero.
 
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view post Posted on 16/6/2015, 07:25




CATANIA. Sventrato il potere della cosca Mazzei. La polizia, dopo aver assicurato alla giustizia il capo clan Sebastiano Nuccio Mazzei, latitante per quasi un anno, ha eseguito un'ordinanza nei confronti di 30 persone ritenute persone affiliate o vicine all'organizzazione criminale che fu diretta per anni da Santo Mazzei U Carcagnusu, uomo d'onore riconosciuto alla corte palermitana di Leoluca Bagarella.

I 30 indagati, tra cui Nuccio Mazzei, sono accusati a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata alla detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsioni, rapina e reati in materia di armi. E' contestata anche l'aggravante mafiosa.




Una lunga inchiesta quella della Squadra Mobile, nel corso della quale sono state disvelate diversi meccanismi di intimidazione e estorsioni. Sono stati arrestati (durante le indagini) in flagranza di reato alcuni affiliati mentre ritiravano il “pizzo” in diverse attività commerciali. Uno di questi è Domenico Grasso, pizzicato con 1050 euro in tasca che aveva appena incassato: vittima il titolare di un'impresa pedemontana. La polizia, sotto il coordinamento della Dda di Catania, ha proceduto anche al sequestro di droga e di armi da fuoco.

In manette anche diversi imprenditori che avrebbero "contattato" i Mazzei per diventare i loro "esattori". Insomma, diversi titolari d'azienda e commercianti è contestato il reato di concorso in estorsione (attuata con metodi mafiosi) per essersi rivolti ad esponenti della famiglia dei "Carcagnusi" per recuperare i propri crediti.
 
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view post Posted on 4/8/2015, 18:31




PALERMO - Passano gli anni ma i boss di Cosa nostra continuano a comunicare attraverso i 'pizzini', metodo antico, prediletto da Bernardo Provenzano e scelto anche dall'ultimo dei grandi latitanti di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro.

È uno dei particolari dell'indagine della polizia che oggi ha portato all'arresto di 11 favoreggiatori del padrino di Castelvetrano. Perquisizioni nelle province di Palermo e Trapani nei confronti di capi delle famiglie di Cosa nostra trapanese e di presunti favoreggiatori del padrino latitante. Le misure cautelari sono state notificate ai capi del 'mandamento' mafioso di Mazara del Vallo e dei clan di Salemi, Santa Ninfa e Partanna.

Lo smistamento dei bigliettini avveniva in due masserie nelle campagne di Mazara del Vallo e Campobello di Mazara, di proprietà di due allevatori, oggi arrestati, Vito Gondola e Michele Terranova. Gli inquirenti, che tenevano sotto controllo la zona, hanno accertato che i bigliettini, che erano smistati durante i summit, venivano nascosti sotto terra.

Solo al termine delle riunioni i "collettori" li andavano a prendere e li davano ai destinatari. I pizzini erano ripiegati e chiusi con dello scotch. Rigide le regole imposte sulla comunicazione: i messaggi dovevano essere letti e distrutti e le risposte dovevano giungere entro termini prefissati, al massimo 15 giorni.

L'indagine, coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall'aggiunto Teresa Principato e dai pm Paolo Guido e Carlo Mazzella, è cominciata nel 2011, quando dopo un'operazione di polizia che ha disarticolato la rete dei favoreggiatori, gli uomini d'onore sono stati costretti a riorganizzare la comunicazione.

Per convocare i summit gli arrestati, molti dei quali allevatori, utilizzavano termini come 'concime' e 'favino', cereali dati in genere ai maiali. Gli scambi dei bigliettini a un certo punto hanno subito un arresto, che gli inquirenti ricollegano a un temporaneo possibile allontanamento di Messina Denaro - il cui nome è presente in alcune conversazioni intercettate - dalla Sicilia. I mafiosi non si riunivano mai all'interno delle masserie ma solo nelle campagne, cosa che ha reso più complicato intercettare le loro conversazioni.

"Gli 11 arrestati nell'ambito dell'inchiesta sui favoreggiatori del boss Matteo Messina Denaro non sono semplici tramiti con il capomafia, ma ricoprivano ruoli di vertice nelle cosche trapanesi - ha detto il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi -. Le indagini escludono che sia in corso una sorta di camorrizzazione di Cosa nostra. La mafia resta una organizzazione unitaria. Queste considerazioni non escludono che ogni mandamento e ogni provincia possano anche curare i propri interessi, ma le decisioni sono prese collettivamente".

"Matteo Messina Denaro è una sorta di parassita che non tiene conto dei legami familiari, ma usufruisce dei soldi che i componenti della sua famiglia e del clan possono fargli avere", ha commentato il procuratore aggiunto di Palermo, Teresa Principato. Il magistrato, che ha coordinato l'inchiesta insieme ai pm Paolo Guido e Carlo Marzella, ha aggiunto: "Nonostante il territorio sia più che sorvegliato e da anni si susseguono operazioni, ancora non siamo riusciti a prendere il latitante. Questo può significare solo che gode di protezioni ad alto livello".

"Non bisogna farsi trarre in inganno dal fatto che fossero semplici allevatori - ha spiegato il procuratore Principato - si tratta di fedelissimi di Messina Denaro, alcuni dei quali già arrestati in precedenza, con un peso all'interno dell'organizzazione". Il procuratore ha anche sottolineato le particolari tecniche investigative utilizzate nell'indagine. "L'inchiesta - ha detto - si è avvalsa di metodologie molto sofisticate". Alla conferenza stampa hanno partecipato, tra gli altri, il capo del Ros Giuseppe Governale e il capo dello Sco Renato Cortese.

GLI ARRESTATI. Queste le persone arrestate nell'ambito della indagine Ermes: Giovanni Loretta, 42 anni, Leonardo Agueci, 27 anni, Pietro Giambalvo 77 anni, Vincenzo Giambalvo 38 anni, Giovanni Scimonelli 48 anni, Vito Gondola 77 anni, Giovanni Mattarella 49 anni, Michele Terranova 45 anni, Sergio Giglio 46 anni, Michele Gucciardi 61 anni e Ugo Di Leonardo, 73 anni.

Gondola, Gucciardi, Scimonelli, i due Giambalvo, padre e figlio, Giglio, Di Leonardo e Terranova, sono indagati per associazione mafiosa, Mattarella, Agueci e Loretta per favoreggiamento aggravato dalla modalità mafiosa, per aver agevolato la latitanza del boss mafioso Matteo Messina Denaro.
 
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view post Posted on 9/9/2015, 08:10




CATANIA - Fermato un giro di estorsioni e usura che si consumava con l'effige di Cosa nostra catanese. Un'indagine articolata della Squadra Mobile, cooordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, ha portato a delineare i contorni delle intimidazioni e a individuare i presunti responsabili. Per otto persone questa mattina sono scattate le manette.

Gli indagati - inseriti nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip - sono accusati a vario titolo dei reati di usura ed estorsione, con l’aggravante mafiosa. Come detto, le indagini hanno permesso di appurare numerosi episodi di prestiti usurari e di estorsioni, in cui gli autori, con l’utilizzo di vari metodi, facevano leva sulla propria influenza e persuasività derivante dalla contiguità alla cosca mafiosa Santapaola - Ercolano.

Ulteriori dettagli saranno forniti nel corso di un incontro con i giornalisti fissato per la tarda mattinata di oggi.
 
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view post Posted on 30/9/2015, 10:01




ATANIA - Avevano preso di mira un cantiere allestito al confine con il territorio di Lentini: volevano i soldi per la classica "protezione". La minaccia estorsiva era arrivata qualche giorno fa, ma grazie a un'attività mirata di monitoraggio e intercettazione messa su dai carabinieri di Catania i due taglieggiatori sono finiti in manette. Si tratta del pregiudicato quarantatreenne Filadelfo Carpagnano e del trentaquattrenne incensurato F.G., entrambi ritenuti vicini al clan Nardo di Lentini (SR), diretta diramazione della famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano di Catania. La richiesta di pizzo era stata fatta al titolare dell'impresa che si sta occupando della costruzione di un impianto di compostaggio per la trasformazione dei rifiuti solidi urbani e degli scarti di produzione agricola e industriale biodegradabili.




“Quindicimila euro per stare tranquillo”, ripartiti in tre tranche da cinquemila euro cadauna, è stata la richiesta degli estortori, che ha indotto l’imprenditore a rivolgersi ai militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Catania, i quali hanno installato cimici e telecamere all’interno del cantiere, inchiodando i due estortori alle proprie responsabilità e bloccandoli subito dopo aver riscosso la prima tranche dalle mani dell’imprenditore.

Dopo le formalità di rito, gli arrestati sono stati rinchiusi nella casa circondariale di “Catania – Bicocca”, a disposizione del magistrato.
 
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view post Posted on 4/10/2015, 18:32
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3 ottobre

CATANIA - La Polizia di Stato ha arrestato Angelo Sicali, 56 anni, destinatario di ordine di esecuzione per la carcerazione emesso dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Catania, eseguito da personale della Squadra Mobile “Catturandi”, dovendo espiare la pena di anni 6, mesi 5 e giorni 10 di reclusione per associazione per delinquere finalizzata al traffico e spaccio di sostanza stupefacente.

Attached Image: SICALI Angelo

SICALI Angelo

 
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view post Posted on 10/10/2015, 14:20




CATANIA - Il Comando Provinciale di Catania ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emesso dal Tribunale di Catania – Ufficio G.I.P., su richiesta della locale Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di otto persone (già detenute per altra causa) ritenute affiliate alla famiglia “Santapaola – Ercolano”, responsabili a vario titolo di estorsione in concorso, aggravata dall’aver agito avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis e al fine di agevolare il sodalizio d’appartenenza. Il provvedimento restrittivo scaturisce dagli esiti dell’attività d’indagine sviluppata dal Nucleo Investigativo, coordinato dalla DDA etnea, a seguito di dichiarazioni di collaboratori di giustizia relativi ad una estorsione subita dal titolare di una importante attività commerciale sita in Misterbianco, sin dal 2002, posta in essere da parte degli affiliati del citato clan.

Gli accertamenti che hanno condotto all’emissione del provvedimento restrittivo hanno consentito di delineare le modalità secondo cui l’articolazione dell’organizzazione mafiosa “Santapaola – Ercolano”, operante nel popolare quartiere del Villaggio Sant’Agata, ha costretto nel tempo la vittima mediante la minaccia, anche implicita, di gravi ritorsioni contro l’incolumità personale e contro l’integrità dei beni commerciali a corrispondere in occasione delle festività natalizie e pasquali, somme in contanti oscillanti fra 2000 ed i 3000 euro e consegnare mensilmente, nei primi anni, la somma di 2500 e successivamente 5000 euro a titolo di “protezione”. Le risultanza investigative hanno acclarato, altresì, come i proventi delle estorsioni fossero destinati al mantenimento delle famiglie dei sodali, anche detenuti.
 
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view post Posted on 19/10/2015, 10:07




CATANIA - Carabinieri del comando provinciale di Catania hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di tre estorsori legati al clan Mazzei che, secondo l'accusa, hanno costretto un imprenditore a eseguire, a titolo gratuito, lavori di ristrutturazione, per un valore di 8mila euro, a casa di uno degli indagati.

Il provvedimento del Gip, emesso su richiesta della Dda della Procura di Catania, è stato eseguito nei confronti di Carmelo Grasso, di 42 anni, Giovanni Tomaselli, di 33, e di Carmelo Occhione, di 51. A quest'ultimo l'ordinanza, che ipotizza i reati di estorsione e rapina aggravati dal metodo mafioso, è stata notificata nel carcere di Bicocca dove era già detenuto per altra causa.

Le indagini dei carabinieri della compagnia di Paternò sono state avviate dopo la denuncia dell'imprenditore edile esasperato da minacce e violenze subite per costringerlo ad effettuare un lavoro di ristrutturazione del valore di circa 8.000 euro nell'abitazione dell'Occhione, in un popolare quartiere di Catania. Tra le rappresaglie subite anche l'avere trattenuto un furgone dell'impresa e il furto dell'auto dell'imprenditore trattenuta a 'garanzià del completamento dei lavori e per la cui cui restituzione lo sarebbe stato inoltre costretto a pagare una tangente di 2.000 euro.
 
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view post Posted on 2/11/2015, 10:41




PALERMO - Ha cominciato a pagare in lire (3 milioni al mese) alla "famiglia" mafiosa di Bagheria. Vent'anni di minacce e soprusi a cui un imprenditore bagherese ha deciso di ribellarsi.

Per accontentare le richieste dei boss l'uomo è finito sul lastrico e ha dovuto chiudere l'attività. È una delle storie delle vittime del racket scoperte dai carabinieri di Palermo che hanno eseguito 22 provvedimenti cautelari (la maggior parte dei destinatari erano comunque già detenuti) a carico di capimafia ed estortori dei clan bagheresi.

La vittima ha scelto di denunciare dopo anni di silenzio. Con lui altri 35 commercianti e imprenditori: una ribellione che segna una svolta nella lotta a Cosa nostra.

L'indagine, coordinata dalla Dda di Palermo, è il seguito di un'altra operazione messa a segno contro le cosche della cittadina alle porte del capoluogo, per anni feudo e rifugio, in latitanza, del padrino di Corleone Bernardo Provenzano.

Fondamentali per ricostruire gli assetti del clan le dichiarazioni del pentito Sergio Flamia.
Tra le "ordinarie" storie di violenza, scoperte dai carabinieri, anche quella che vede protagonista un funzionario comunale dell'Ufficio tecnico di Bagheria che avrebbe avuto contrasti con la cosca legati alla lottizzazione di alcune aree.

Cosa nostra, nel 2004, gli ha incendiato la casa e sequestrato un collaboratore domestico.
 
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view post Posted on 18/11/2015, 10:26




Pubblicato: 17/11/2015
lasiciliaweb›› Sicilia›› Colpo clan Messina Denaro: 4 arresti
Colpo clan Messina Denaro: 4 arresti
Trapani: in manette i componenti del gruppo che copre la latitanza del capomafia. Emersi particolari su una rapina a una società di trasporti finalizzata a finanziare altre azioni criminali in accordo con altre cosche. I nomi 0 0 Blogger0 Google +0 Commenta
PALERMO - In sette, travestiti da poliziotti, all'alba del 4 novembre di due anni fa, si presentarono nella sede di un'agenzia di trasporti di Campobello di Mazara che lavorava per la Tnt. Arrivarono su due auto con lampeggiante acceso, radunarono i dipendenti della ditta, inscenarono una perquisizione organizzata per cercare droga. E portarono via 300 mila euro di merce e 17 mila euro in contanti. I finti agenti agivano su input di Francesco Guttadauro, nipote prediletto del boss latitante Matteo Messina Denaro.

Oggi i carabinieri del Ros hanno completato l'indagine sul colpo cominciata mesi fa e arrestato altri quattro responsabili: tra loro Giorgio Provenzano, importante uomo d'onore di Bagheria. L'inchiesta conferma il ruolo di Francesco Guttadauro, mafioso con un "pedigree" di rispetto. È originario di Bagheria; il padre, Filippo, è un uomo d'onore, lo zio Giuseppe è stato potente capomafia di Brancaccio. È Guttadauro jr a saldare gli interessi e il legame tra la cosca di Castelvetrano, paese d'origine del padrino latitante, e quella di Bagheria antica roccaforte di Cosa nostra che per anni ha "ospitato" Bernardo Provenzano.

La rapina serviva a finanziare le casse, sempre più vuote, del clan del capomafia ricercato. Per metterla a segno il commando usò un basista: Luciano Pasini, dipendente della ditta svaligiata. Lo raccontano i collaboratori di giustizia Lo Piparo e Morsicato che hanno svelato agli investigatori che il colpo doveva farsi un mese prima, ma la villetta di contrada Fiorilli, che doveva servire da base logistica, era occupata dallo "zio", il latitante Messina Denaro.

"La prossima volta gli facciamo misurare la pressione... i ragazzi lo hanno messo a suo agio. Questo stava morendo, praticamente se lo dovessero arrestare, questo si ammazzava con le sue mani sole", così due dei rapinatori, arrestati nei mesi scorsi dai carabinieri, commentavano, non sapendo di essere intercettati, la reazione del basista alla notizia che dietro alla rapina c'era Messina Denaro.

"Si vede che c'era bisogno... tutti se ne fottono possono campare e allora io mi do da fare, giusto?", diceva Luca Bellomo, altro nipote del capomafia latitante, coinvolto nel colpo, riferendosi alle necessità economiche che l'azione avrebbe dovuto soddisfare. "Parte dei proventi della rapina - ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri di Trapani, il colonnello Stefano Russo - sono serviti per finanziare la costosa latitanza del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro".

"L'indagine - ha sottolineato il tenente colonnello Lucio Arcidiacono del Ros di Palermo - è la prosecuzione dell'inchiesta antimafia denominata Eden 2 e rappresenta un ulteriore e significativo intervento nel quadro delle attività finalizzate alla cattura di Messina Denaro".
 
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view post Posted on 21/11/2015, 09:20




I finanzieri del Comando Provinciale di Catania hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di otto persone, tutti catanesi, accusati dei reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, rapina aggravata e sequestro di persona. L’attività svolta dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Catania nell’ambito di un’articolata indagine "Capolinea", ha consentito di trarre in arresto Benedetto Zucchero 51 anni, ritenuto dalle fiamme gialle l'attuale "reggente" del "gruppo mafioso della Stazione" nonché fratello del boss indiscusso Giuseppe Zucchero, detto "Pippo".

Destinatari di misura, con la stessa accusa di associazione per delinquere finalizzata a reati contro la persona e il patrimonio e al traffico di sostanze stupefacenti, sono anche Francesco Pietro Ferrari 33 anni e Francesco Condorelli 43 anni, quest’ultimo chiamato a rispondere anche di diverse rapine e sequestri di persona. Agli altri cinque soggetti arrestati sono contestati, a vario titolo, un numero rilevante di rapine, sequestri di persona ed estorsioni, tutti attuati al fine di agevolare l’associazione mafiosa. Si tratta, di - Massimiliano Longhitano 34 anni; Angelo Claudio Parisi 46 anni; Salvatore Maugeri 34 anni; Andrea Antonio D’Arrigo 42 anno. Nell'ordinanza, anche i nomi di alcuni soggetti gia' in carcere. Si tratta di Cristofaro Romano, detto "Cristian" 33 anni, genero del boss "Pippo" Zucchero e già detenuto in quanto tratto in arresto dal Nucleo di Polizia Tributaria di Catania per associazione a delinquere di stampo mafioso, nell’ambito dell’operazione "Reset".

L’operazione di questa mattina, secondo gli investigaotri, rappresenta, infatti, la prosecuzione delle indagini "Libertà" e "Reset" con cui il G.I.C.O della Guardia di Finanza aveva colpito il gruppo storico dei "Santapaola – Ercolano". L’indagine "Libertà" aveva portato all’esecuzione, nel giugno 2011, di misure cautelari personali nei confronti di 14 componenti del gruppo della "Stazione", tra cui anche il capo Giuseppe Zucchero. Nell’ambito dell’indagine "Reset", conclusa nel novembre 2013, i finanzieri hanno poi fatto luce sulla riorganizzazione del gruppo, con l’individuazione di Cristofaro Romano e di Benedetto Zucchero 22 anni, rispettivamente genero e figlio del boss, quali "reggenti" del gruppo mafioso. In tale contesto, erano state eseguite anche misure cautelari personali nei confronti di 24 soggetti.

Con l’operazione "Capolinea" è stato possibile riscontrare il coinvolgimento di Benedetto Zucchero 51 anni, affiliato storico del gruppo, e individuare una vera e propria "mappa" delle attività commerciali sottoposte a estorsioni, situate in pieno centro a Catania. L’attività d’indagine ha consentito secondo gli investigatori, di chiarire le dinamiche dei rapporti tra i vari gruppi mafiosi riconducibili al clan "Santapaola - Ercolano". Il quadro complessivamente emerso dall’indagine è quello dell’esistenza, all’interno del "gruppo della Stazione", di squadre addette alle rapine e alle estorsioni sempre operate per conto e nell’interesse del sodalizio mafioso giacché parte dei proventi derivanti dalle attività illecite erano versate secondo gli investigatori proprio a Benedetto Zucchero 51 anni per essere destinate alla "cassa comune" da utilizzare per il sostentamento degli associati e dei familiari degli arrestati. Molto preziose per le indagini sono state le dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia ai magistrati della D.D.A. di Catania, con il supporto del G.I.C.O. di Catania. È stato così possibile ricostruire le concrete modalità con cui le estorsioni sono state poste in essere anche direttamente dai vertici del sodalizio, Cristofaro Romano e Benedetto Zucchero.

Le stesse sono state perpetrate soprattutto nei confronti di attività di ristorazione e di esercizi commerciali attraverso biglietti estorsivi recanti un celato riferimento alla famiglia "Santapaola". Altrettanto puntualmente sono state delineate le dinamiche di nove rapine, tutte effettuate a Catania e provincia, nei confronti di autisti di camion e furgoni, i quali, in molti casi,sono stati sequestrati e incappucciati in attesa dello svuotamento del carico trasportato, generalmente consistente in generi alimentari che erano subito venduti a commercianti compiacenti.
 
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°Lilo°
view post Posted on 24/11/2015, 09:53




La polizia di Stato ha eseguito a Gela un’ordinanza cautelare, emessa dal Gip su richiesta della Dda nissena, per 22 esponenti dei clan Emmanuello e Rinzivillo. Sono indagati, a vario titolo, per associazione mafiosa, traffico di stupefacenti ed estorsioni. L’indagine ha ricostruito e sgominato i nuovi vertici di Cosa nostra a Gela.

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La Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, retta dal Procuratore Capo Michelangelo Patane, ha dato delega alla Polizia di Stato di eseguire un’ordinanza applicativa di misure cautelari nei confronti di 37 persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei delitti di associazione per delinquere di stampo mafioso – cosca Cappello – Bonaccorsi – associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e reati in materia di armi, con l’aggravante di avere agito avvalendosi delle condizioni di assoggettamento e di omertà tipiche della citata organizzazione mafiosa ed al fine di agevolarla.

Nel corso delle indagini condotte dalla Squadra Mobile sono state disarticolate le frange della predetta cosca radicate in alcuni rioni cittadini ed in un centro dell’hinterland etneo.

Le indagini hanno, altresì, evidenziato il coinvolgimento nel settore degli stupefacenti dei titolari di una Onlus locale che gestisce un servizio di ambulanze nel capoluogo etneo e del titolare di una ditta di onoranze funebri che costituiva la base logistica per l’organizzazione criminale.

In mattinata verranno diffuse maggiori informazioni sull’importante operazione.
 
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°Lilo°
view post Posted on 25/11/2015, 09:57




CATANIA - I carabinieri del Comando Provinciale di Catania hanno arrestato otto persone ritenute a vario titolo responsabili del reato di estorsione in concorso aggravata dal metodo mafioso. I provvedimenti scaturiscono dall’esito di un'attività info-investigativa sviluppata qualche mese fa dalla quale è emerso che un imprenditore di Belpasso, operante nel settore edile, era sottoposto al pagamento di mille euro mensili sotto forma di “pizzo” al gruppo mafioso egemone in quel territorio, collegato alla famiglia Santapaola-Ercolano e capeggiato da un soggetto ritenuto particolarmente pericoloso, recentemente scarcerato dopo 26 anni di detenzione per 416 bis, omicidio ed altro. Le attività hanno altresì documentato come l’estorsione fosse cominciata un anno fa con il pestaggio della vittima a cui erano seguite gravi lesioni.
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28 replies since 8/1/2015, 21:05   564 views
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