| CATANIA – Ora il trono degli Sciuto Tigna è veramente vuoto. Catturato uno dei boss di rilievo della cosca mafiosa dopo un anno di latitanza. Innocenzo Lavagna, conosciuto come Enzo Pinocchio, è stato arrestato dalla Squadra Mobile e dallo Sco di Roma. Il 15 aprile 2014 la Procura Generale aveva emesso un ordine di carcerazione per una condanna definitiva per associazione mafiosa. “Pinocchio” dovrà scontare 7 anni di carcere.
Si nascondeva a Catania, nel cuore della Civita. Il suo covo ricavato nel retro di una sala da parrucchiere è stato scoperto ieri sera dai poliziotti: prezioso il contributo degli specialisti del Servizio Polizia Scientifica appositamente inviati da Roma.
Sciuto, il trono nella casa del capomafia e il latitante Lavagna
Il curriculum criminale di Lavagna è quello di un boss di calibro: rapine, estorsioni e negli anni ’90 fu coinvolto anche nei piani di alcuni omicidi. E’ organico del clan che fa riferimento al padrino Biagio Sciuto, arrestato nel 2008 e al momento processato per essere il mandante dell’omicidio del piccolo boss di San Giorgio Sebastiano Fichera. In quel procedimento è stata acquisita la foto di quel particolare tono in legno con i due leoni intagliati che Biagio Sciuto si era fatto realizzare per arredare la sua cucina in muratura. Una foto che è entrata nell’iconografia della mafia catanese e che oggi sembra quasi evocare quel trono vuoto a capo della Cosca. Perché con l’omicidio di Giacomo Spalletta, la cattura ieri sera di Enzo Pinocchio e Biagio Sciuto dietro le sbarre il clan mafioso degli “Sciuto-Tigna” sembra ormai estinto.
La storia della cosca parte da Giuseppe Sciuto soprannominato “Tigna”, che fu ucciso nel dicembre 1992. La cosca avevano ingaggiato una guerra contro Salvatore Cappello e Salvatore Pillera, siamo nei primi anni '90. Dopo è seguita una sorta di pax mafiosa fino almeno all’omicidio di Ianu Fichera, che ha riaperto una frattura con il gruppo dei Carateddi. Qualche pentito dice che Biagio Sciuto è vivo solo perché è stato arrestato.
Ma torniamo al profilo criminale di Innocenzo Lavagna. Finisce in carcere nel 1995 per associazione mafiosa e tentato omicidio aggravato. Enzo Pinocchio era tra coloro che volevano “eliminare” i parenti di un collaboratore di giustizia. Nel 2001 è nuovamente arrestato nell’ambito dell’operazione Game Over che ha estirpato il potere agli Sciuto Tigna: è condannato a cinque anni e quattro mesi nel 2003. Un anno dopo la Squadra Mobile esegue la retata Gold King, 43 affiliati degli Sciuto Tigna (tra cui Lavagna) finiscono in carcere per estorsioni, traffico di sostanze stupefacenti, usura, riciclaggio e altri reati.
I “Tigna” sono stati decapitati. La cattura di Lavagna, infatti, rappresenta un colpo di scure agli Sciuto che in trent’anni hanno scritto una delle pagine più oscure del crimine di questa città.
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PALERMO - La crisi economica che attanaglia i commercianti palermitani spinge i boss a tornare al traffico degli stupefacenti, business attualmente privilegiato rispetto al racket delle estorsioni che, negli ultimi anni, ha rimpinguato le casse dei clan e sostentato le famiglie dei picciotti detenuti.
È uno dei particolari che emerge dal blitz dei carabinieri che oggi ha portato all'arresto di 39 mafiosi per disposizione del gip, nei confronti di esponenti del clan mafioso di Pagliarelli, accusati di associazione mafiosa, traffico di droga, estorsione e corruzione.
Nel corso dell'indagine sono stati sequestrati centinaia di chili di droga. L'inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia guidata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, ha disarticolato i vertici dei clan di Pagliarelli, Corso Calatafimi e Villaggio Santa Rosalia.
Nel corso dell'inchiesta, coordinata dalla Dda, i carabinieri hanno sequestrato oltre 250 chili di droga. Scoperte, comunque, diverse estorsioni: i commercianti continuano a pagare anche se qualcuno trova il coraggio di denunciare.
Un imprenditore, che stava effettuando lavori di ristrutturazione al Policlinico, si sarebbe rivolto agli inquirenti raccontando loro di avere ricevuto una richiesta di pizzo di 500 mila euro.
Tra gli altri, in cella, sono finiti i tre nuovi capi del mandamento di Pagliarelli, una sorta di triumvirato che, dopo le decine di arresti degli ultimi anni, tentava di riorganizzare il clan.
Attraverso un prestanome la mafia gestiva il bar dell'ospedale Civico di Palermo che era anche diventato luogo di incontro dei boss. Il bar è stato sequestrato, ma gli investigatori continuano le indagini per chiarire l'origine dell'aggiudicazione dell'attività commerciale e se altre attività, all'interno del nosocomio, fossero controllate da Cosa nostra.
A gestire i traffici di droga, grazie ai suoi contatti con i cartelli peruviani ed ecuadoregni, era una donna, Concetta Celano, sorpresa dai carabinieri, anni fa, mentre tornava da un'udienza di convalida di un arresto con cinque chili di droga nel bagagliaio dell'auto.
L'inchiesta ha svelato il ritrovato interesse delle cosche per il traffico degli stupefacenti. La mafia si riforniva in Campania e Piemonte e aveva codificato una sorta di protocollo per regolamentare l'attività. La droga veniva immessa sul mercato il giovedì in modo che arrivasse in grande quantità per il week end.
Il lunedì gli incassi della vendita venivano consegnati perché fossero reinvestiti nell'acquisto di altro stupefacente. I pusher erano controllati in modo rigido. Venivano loro prese moto e scooter che cosa nostra tratteneva in pegno e restituiva solo se rispettavano le regole. In caso di violazioni scattavano anche sanzioni più gravi come i pestaggi.
C'è anche un commissario della polizia municipale, Gaetano Vivirito, tra gli arrestati nel blitz antimafia dei carabinieri di Palermo. È accusato di corruzione: il mafioso Antonino Calvaruso, proprietario di un autolavaggio, che ospitava anche summit di mafia, gli avrebbe chiesto del denaro in cambio di un intervento per evitargli sanzioni dopo un controllo dei vigili urbani. Vivirito avrebbe accettato. Le intercettazioni mettono in luce anche i pesanti giudizi espressi dal vigile nei confronti dei colleghi troppo solerti e da lui definiti "crasti" (cornuti, ndr).
GLI ARRESTATI: Alessandro Alessi, Giuseppe Perrone, Vincenzo Giudice, Michele Armanno, Giovan Battista Barone, Salvatore Sansone, Tommaso Nicolicchia, Andrea Calandra, Giosuè Cadtrofilippo, Giovanni Giardina, Alessandro Anello, Carlo Grasso, Antonino Spinelli, Matteo Di Liberto, Rosario Di Stefano, Aleandro Romano, Stefano Giaconia, Giuseppe Giaconia, Concetta Celano, Giuseppe Castronovo.
Ai domiciliari sono finiti Vincenzo Bucchieri, Paolo Castrofilippo, Daniele Giaconia, Giovanni Correnti, Antonino Calvaruso, Gaetano Vivirito, Luigi Parolisi, Carmelo Migliaccio, Salvatore Ciancio, Domenico Nicolicchia, Giuseppe Bruno, Pietro Abbate e Antonino Abbate.
Per Mauro Zampardi, Angelo Milazzo, Cosimo Di Fazio, Giovanni Catalano, Giuseppe Di Paola e Francesco Ficarotta è stato disposto l'obbligo di dimora.
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