Il sole a scacchi 2014

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view post Posted on 26/9/2014, 13:11




Carini, decapitato il clan dei Pipitone
Operazione antimafia "Destino", 6 arresti: sequestrati immobili e società, perquisiti due studi legali. All'interno i nomi 0 0 Blogger0 Google +0 Commenta
PALERMO - I carabinieri hanno eseguito sei ordinanze di custodia in carcere nei confronti della cosca mafiosa di Carini (Pa) arrestando anche il boss Angelo Pipitone, 71 anni. Gli indagati sono accusati di mafia, estorsione aggravata, incendio aggravato, uccisione di animali, detenzione e porto illegale di arma da fuoco, trasferimento fraudolento di valori. Sono stati sequestrati società e immobili. I carabinieri hanno anche perquisito due studi legali a Palermo e Carini.

Sono stati arrestati su ordine del gip dopo le indagini della Dda palermitana, anche la moglie del boss, Franca Pellerito, 65 anni, la figlia Epifania, 34 anni e suo marito Benedetto Pipitone, 40 anni, il cugino del boss Francesco Marco Pipitone, 33 anni, e Angela Conigliaro 44 anni, che gli investigatori indicano come fedelissima del capomafia di Carini.

L'indagine è cominciata la notte del capodanno 2013 dopo l'incendio doloso di una stalla nelle campagne di Carini e dell'uccisione, con colpi di arma da fuoco, di due equini e di un suino. Gli investigatori, dopo mesi di lavoro, interrogatori e intercettazioni, sarebbero riusciti a individuare l'autore del gesto, Benedetto Pipitone, che avrebbe agito su mandato del suocero il boss Angelo che all'epoca era detenuto in carcere.

L'intimidazione doveva servire a indurre il proprietario della stalla a vendere la propria quota alla famiglia mafiosa (già proprietaria al 50% dello stesso terreno sotto la copertura di una società di Carini). Per concorso nell'estorsione sono state arrestate anche la moglie e la figlia del capomafia.

Nel corso dell'inchiesta i carabinieri hanno ricostruito una fitta rete di prestanome, con cui l'anziano boss, pur trovandosi recluso dal gennaio 2007, riusciva a gestire e ad accrescere un immenso patrimonio occulto, fatto di ville, terreni, fabbricati industriali e società.

Indagate nell'inchiesta sono anche persone "il cui apporto è risultato determinante per consentire a Pipitone di conservare il proprio illecito patrimonio accumulato nel corso di decenni di appartenenza a Cosa Nostra", dicono gli investigatori.

L'operazione antimafia è stata denominata "Destino" proprio per le parole pronunciate dal capomafia di Carini che non poteva sottrarsi dall'essere mafioso a causa "del destino": "...Pazienza che posso fare, il mio destino è stato questo... che posso fare?", diceva Pipitone in una conversazione, intercettata dagli investigatori, con la figlia.

Indagata per favoreggiamento aggravato anche l'avvocato di Angelo Antonino Pipitone, Annalisa Vullo. Il legale è stato intercettato mentre definisce, secondo gli investigatori, i carabinieri di Carini, come degli "invasati". Il riferimento è a uno dei tanti accertamenti eseguiti dai militari sugli immobili della nota "Rotonda" dello svincolo autostradale di Carini, già sottoposti a sequestro nell'estate 2003, per violazione della normativa a tutela dell'ambiente.
Una vicenda, questa, che costituì un duro colpo per la famiglia Pipitone, oltre che per l'aspetto prettamente economico, anche, sostengono i carabinieri, da un punto di vista dell'immagine.

I carabinieri hanno perquisito gli studi legali dell'avvocato a Carini e Palermo. Secondo l'accusa la notte del 26 maggio 2013 la Vullo avrebbe chiamato Benedetto Pipitone perché tornando da una cena elettorale aveva trovato la casa svaligiata. "Benedetto puoi venire a casa mia perché è successa una cosa brutta". Secondo l'ordinanza dei magistrati "l'avvocato gli chiese di poterla aiutare a rientrare in possesso della refurtiva. Cosa che avvenne. Pipitone ritrovò chi commise il furto e la refurtiva: mancava solo un anello di brillanti che apparteneva alla madre del legale".
 
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view post Posted on 1/10/2014, 12:37




SANTA VENERINA - Un anno fa è andato dai carabinieri ed ha svuotato il sacco. Un imprenditore edile ha affidato la sua storia di minacce e vessazioni alla macchina della giustizia che ha fatto il suo corso ed ha raggiunto un importante traguardo: far scattare le manette ai due estorsori. Salvatore Calì, 64 anni, è stato arrestato dai militari della Stazione di Santa Venerina, mentre a Nunzio Salvatore Fonti, 44 anni, il provvedimento del Gip di Catania è stato notificato in carcere, in quanto detenuto per lo stesso reato. E cioè estorsione aggravata dal metodo mafioso. Per gli investigatori infatti i due arrestati sarebbero vicini e contigui al clan Santapaola - Ercolano.

L'inchiesta è stata capillare: intercettazioni, riprese video, pedinamenti e osservazioni. I carabinieri hanno messo in campo ogni strumento tecnico - investigativo che ha portato a scoprire anche altri tentativi di estorsione e altre vittime. Tra gli esercenti bersaglio dei taglieggiatori anche il titolare di un’officina meccanica: qui la somma richiesta è arrivata a toccare i 10 mila euro.





Le minacce captate dagli investigatori non lasciano adito a dubbi: “Ti faccio saltare in aria gli escavatori” è solo una delle più comuni usate dai due indagati per ottenere il pagamento del pizzo.
 
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view post Posted on 2/10/2014, 14:55




CATANIA - I Carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania nei confronti di:

- Salvatore Guglielmino, esponente di cosa nostra catanese affiliato, all’epoca dei fatti contestati, all’articolazione dei Mirabile (riconducibile alle posizioni di Santapaola Antonino inteso “Ninu u pazzu”);

- Lorenzo Saitta, anche egli esponente di cosa nostra catanese;

rispettivamente ritenuti il primo mandante ed esecutore materiale dell’omicidio commesso il 29.04.2004 ai danni di Di Pasquale Salvatore ed il secondo esecutore materiale dell’omicidio commesso il 03.05.2004 ai danni di Costanzo Michele.

Il provvedimento, che è stato richiesto dalla Procura Distrettuale della Repubblica di Catania a carico dei due indagati, si fonda sulle emergenze investigative raccolte grazie alle indagini condotte dal Ros, Dioniso ed Efesto, e dalle attività effettuate a riscontro delle dichiarazioni rese da diversi collaboratori di Giustizia.

Gli eventi omicidiari in questione si inquadrano, infatti, nella evoluzione dei rapporti di forza venutisi a determinare in seno alla famiglia mafiosa di Catania, caratterizzati da una endogena conflittualità che vedeva contrapporsi da una parte l’ala capeggiata dagli Ercolano e dall’altra quella riconducibile a Santapaola Antonino (fratello di Benedetto), questa ultima retta all’epoca da Mirabile Alfio e Mirabile Giuseppe i quali, a loro volta, vantavano un saldo legame con La Rocca Francesco (capo indiscusso della famiglia mafiosa di Caltagirone).

Il descritto conflitto, scaturito per problematiche afferenti il controllo mafioso del territorio e la spartizione dei proventi delle attività illecite, sfociava nei fatti accaduti il pomeriggio del 24 Aprile 2004 allorquando Mirabile Alfio, nei pressi della sua abitazione di Catania, veniva attinto da diversi colpi d’arma da fuoco sparati da un sicario armato di pistola; nella occasione Mirabile rimaneva gravemente ferito, riportando la paralisi agli arti inferiori, motivo per il quale veniva ricoverato presso un istituto specializzato di riabilitazione (per le complicanze legate alle ferite riportate Mirabile Alfio morirà il 01.09.2010).

La reazione per l’attentato subito da Mirabile Alfio ebbe immediatamente a concretizzarsi già il successivo giorno 29.04.2004 allorquando un commando, a bordo di due auto, giungeva in Piazza Ustica di Catania e colpiva mortalmente con numerosi colpi di pistola il pregiudicato Di Pasquale Salvatore poiché ritenuto coinvolto nell’attentato a Mirabile.




Gli esiti delle attività investigative poste in essere nel periodo in questione consentivano già di inquadrare l’omicidio di Di Pasquale Salvatore quale risposta all’attentato subito da Mirabile Alfio e le dichiarazioni rese successivamente dai collaboratori di Giustizia permettevano di meglio delineare il quadro in cui lo stesso era maturato ed individuare Guglielmino Salvatore, all’epoca uomo di assoluta fiducia e braccio operativo di Mirabile Alfio, quale mandante ed esecutore materiale dell’efferato delitto.

Analoghi sviluppi investigativi si raccoglievano in ordine ai fatti occorsi il 03.05.2004 allorquando nella zona industriale di Catania, all’interno della ditta di spedizioni “Mediterranea Distribuzione Logistica”, un gruppo di fuoco assassinava Costanzo Michele, padroncino della citata ditta e uomo di fiducia dei Mirabile all’interno della stessa, e feriva Sangiorgi Antonino (titolare formale della azienda).

L’omicidio di Costanzo Michele, che ha visto tra gli esecutori materiali Saitta Lorenzo, considerato l’insieme delle acquisizioni investigative dell’epoca, veniva correttamente inquadrato proprio nell’alveo dello scontro in atto tra i Mirabile e gli Ercolano e letto come risposta all’uccisione di Di Pasquale.

Si evidenzia infine che Guglielmino e Saitta sono stati tratti in arresto il 27 Gennaio 2012 dal ROS nell’ambito della indagine denominata Efesto, unitamente ad altri 11 soggetti ritenuti gravemente indiziati di partecipazione ad associazione mafiosa. L’esecuzione del provvedimento di fermo disposto d’urgenza dalla Procura Distrettuale Antimafia scongiurava una nuova guerra di mafia interna alla famiglia di cosa nostra Santapaola- Ercolano dove erano irrimediabilmente saltati i già fragili equilibri che, fino a quel momento, avevano fatto convivere le due anime della associazione mafiosa.

Grazie alle attività d’indagine svolte, si apprendeva infatti di tradimenti ed alleanze che modificavano gli assetti interni al sodalizio ed in particolare, proprio con riferimento a Guglielmino e Saitta, si accertava che: Guglielmino aveva abbandonato le fila dei Mirabile ed era transitato in quelle degli affiliati alla stessa famiglia che contrastavano proprio i Mirabile in tutta la provincia per il controllo mafioso del territorio;

Saitta, per converso, veniva affiliato alla articolazione dei Mirabile sotto la cui protezione, e con la formale legittimazione, contava di assumere una posizione di rilievo nel panorama mafioso etneo.

Per i fatti sopra accertati a cavallo del 2011 e 2012, Saitta e Guglielmino sono stati condannati il 13 Maggio 2014, con rito abbreviato, alla pena di anni 12 di reclusione.

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Home › Cronaca › Catturato a Malta il boss dei Nardo Era tra i 100 latitanti più pericolosi
SQUADRA MOBILE
Catturato a Malta il boss dei Nardo
Era tra i 100 latitanti più pericolosi
Giovedì 02 Ottobre 2014 - 15:20 di Laura Distefano
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Sebastiano Brunno era ricercato dal 2009. Deve scontare una pena all'ergastolo per mafia e omicidi.


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sco di roma, superlatitante Brunno, Cronaca
MALTA - Catturato uno dei cento latitanti più pericolisi. E' stato assicurato alla giustizia Sebastiano Brunno, capo indiscusso del Clan Nardo di Lentini. Il 56enne è stato arrestato a Malta, intorno alle 14, grazie ad un'intensa attività investigativa condotta in sinergia dalla Squadra Mobile di Catania, diretta da Antonio Salvago, dalla mobile di Siracusa, dallo Sco di Roma. Fondamentale anche il supporto del servizio Cooperazione Internazionale e della polizia di Malta per l'arresto. L'inchiesta è stata coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania. Dopo l'arresto, Brunno sarà estradiato e condotto in un istituto penitenziario italiano.



IL PROFILO. Sebastiano Brunno era ricercato dal 2009. Il capomafia deve scontare una condanna definitiva all'ergastolo per mafia e omicidio. Il nome di Brunno è tra i protagonisti della sanguinosa guerra di mafia degli anni '90 che si è consumata tra Catania e Siracusa. I Nardo, sono storicamente la costola "fidata" dei Santapaola Ercolano del territorio lentinese fino alla costa di Noto e Avola.
 
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view post Posted on 3/10/2014, 12:09




ESSINA - I carabinieri stanno eseguendo a Milazzo (Me) e in altri comuni della zona tirrenica del Messinese un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di sei persone accusate di associazione mafiosa, estorsioni, rapine, incendi boschivi, detenzione illegale di armi e altri delitti aggravati dalle modalità mafiose. Cinque degli arrestati si trovano in carcere, uno ai domiciliari.

Le indagini degli uomini dell'Arma hanno permesso di disarticolare un clan mafioso emergente collegato a quello di Barcellona Pozzo di Gotto (Me) che, attraverso atti intimidatori, rapine e furti, tentava di imporre il proprio predominio nella fascia tirrenica del Messinese.
 
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view post Posted on 13/10/2014, 13:02




ADRANO - Tra Adrano e Biancavilla siamo nel pieno di una guerra di mafia. Una di quelle faide sanguinarie dove piovono pallottole a raffica. Il sequestro dell'arsenale di qualche giorno fa tra Adrano e Biancavilla era solo un piccolo puntino della complessa attività investigativa scattata con l'omicidio di Alfredo Maglia, ammazzato l'anno scorso, che ha portato al fermo di sei persone, tutti presunti appartenenti al clan Toscano Mazzaglia. In manette Giuseppe Maglia, 35 anni, Roberto Maglia, 27 anni, rispettivamente i fratelli del "nuovo reggente" del clan assassinato, un altro parente Giuseppe Maglia, 31anni, insieme a Davide Santangelo, 24enne e Riccardo Cantone, 25enne. I Carabinieri del Nucleo Investigativo hanno fermato Placido Toscano, 65enne, accusato di estorsione. Uno è attualmente latitante, è sfuggito alla cattura perchè si presume sia all'estero. Le forze dell'ordine hanno fatto scattare le manette affinchè la scia di sangue, partita con l'uccisione di Fifiddu nel "triangolo della morte", smettesse di scorrere.

Il Procuratore Giovanni Salvi è stato chiaro: "Abbiamo elementi probatori che ci fanno pensare che i tre fermati della scorsa settimana stavano per colpire un obiettivo". Enzo Cardillo, infatti, nella tasca del giubbino aveva una pistola con il colpo in canna. "E questo è un segno evidente - aggiunge il dirigente della Squadra Mobile, Antonio Salvago - che stavano per colpire". Insomma i kalashnikov e i mitragliatori trovati nel forno servivano al gruppo di fuoco per un imminente omicidio. Si doveva colpire iun esponente apicale del sodalizio avverso al gruppo dei Mazzaglia le cui redini erano state prese da Alfredo Maglia, sostituito da qualche mese proprio dal nipote Alfio Cardillo, fidanzato con la sorella dell'autista del boss assassinato, Nicola Gioco, anche lui ucciso a gennaio. Una risposta all'agguato mortale di Agatino Bivona.

Le intercettazioni hanno permesso di seguire quasi in diretta la fase esecutiva dello "scavo" per recuperare le armi necessarie al delitto. Morti a sequenza per "il controllo del territorio" spiega ancora Giovanni Salvi. Le cimici rilevano la frase "curare il giardino", da qui il nome dato alla retata "Garden": mantenere il pieno potere di controllo del territorio di Biancavilla necessitava, viste le fibrillazioni, una prova di forza militare.

Insomma la polizia è riuscita a sventare un omicidio, il gruppo di fuoco stava per agire. Un altro delitto era già stato pianificato la scorsa primavera: Gaetano Musumeci e Giuseppe Maglia, il 31enne, erano pronti a uccidere un uomo di "livello" della cosca che vive al Nord Italia. L'azione criminale, però, non è mai stata portata a termine per la pressione creata dall'inchiesta in corso. "Eccezionale - afferma il pm della Dda e titolare dell'inchiesta, Andrea Bonomo - la sinergia tra polizia e carabinieri dimostrata in questa indagine. Ora abbiamo dovuto agire in fretta perchè c'era il pericolo imminente che Roberto Maglia volesse fuggire all'estero. Ed anche l'altro fratello aveva pianificato di scappare".
 
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view post Posted on 15/10/2014, 10:33
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I carabinieri di Palermo, coordinati dalla Procura di Termini Imerese, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 10 persone nell’ambito dell’operazione denominata “Monopolium”, che avrebbe consentito di accertare interessi mafiosi in una serie di appalti pubblici. Ai domiciliari sono finiti Irene Gullo, capo ufficio tecnico dei Comuni di Misilmeri e Altavilla Milicia, e l’ingegner Paolino Ricciolo. L’inchiesta è una tranche di un’operazione antimafia con 5 arresti. I Carabinieri hanno arrestato Irene Gullo, capo ufficio tecnico del Comune di Misilmeri, e l’ingegnere Paolino Ricciolo, libero professionista ed ex presidente di un consorzio che raggruppa tredici Comuni della provincia palermitana. I due sono accusati di associazione per delinquere, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, turbata libertà degli incanti, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e truffa. Otto professionisti sono destinatari della misura cautelare interdittiva del divieto temporaneo di esercitare la professione. Secondo i militari Irene Gullo, dirigente presso il comune di Misilmeri con funzioni di direzione dell’Area IV relativa ai lavori pubblici, avrebbe aggiudicato la progettazione di diverse opere a Paolino Rizzolo. La Gullo in particolare, per poter affidare direttamente la prestazione professionale, evitava la predisposizione di una procedura con pubblicazione di un bando di gara mantenendo artificiosamente basso il valore dell’incarico, così rimanendo al di sotto della soglia di 100.000 euro al di sopra della quale, invece, sarebbe sorto l’obbligo giuridico di procedere mediante la pubblicazione di un bando di gara.

(Fonte: Ansa)
 
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view post Posted on 14/11/2014, 11:58




Pubblicato: 14/11/2014

lasiciliaweb›› Cronaca›› Commercianti ricevuti dal super boss "Se volete la...

Commercianti ricevuti dal super boss
"Se volete lasciare un'offerta..."
Palermo: blitz della polizia contro il clan di Brancaccio, 18 arresti. Il nuovo capomafia Natale Bruno, uomo dei Graviano, filmato dalle telecamere in un magazzino: "Al vostro buon cuore, non stiamo chiedendo niente". In manette pure il cantante neomelodico Gianni Clemente. Tutti i nominatale bruno 0 0 Blogger0 Google +0 Commenta
PALERMO - I commercianti di Palermo sapevano dove andare per mettersi in regola con i pagamenti del pizzo: in un magazzino di via Gaetano Di Pasquale 8, dove c'è il quartier generale del boss Natale Bruno, arrestato oggi in un blitz della polizia. Sono diciotto gli arrestati nel quartiere Brancaccio

Ripreso dalle telecamere, un commerciante di casalinghi che aveva trovato Attak nei lucchetti del proprio negozio, si è sentito dire dal boss "Al tuo buon cuore, attenzione. Non stiamo chiedendo niente ... A Pasqua e Natale, quello che volete fare".

Bruno, uomo dei Graviano ritenuto il nuovo capomafia del capoluogo, non sospettava che quella stanza fosse imbottita di cimici. Nel magazzino si discuteva di tutto: estorsioni, spaccio di droga, regolarizzazione del pizzo.

Per l'operazione, denominata Zefiro, la polizia di Palermo si è mossa in collaborazione con le squadre mobili di Milano, Napoli e Trapani e con gli agenti del reparto prevenzione crimine della Sicilia occidentale. Gli arrestati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, traffico di droga e possesso illegale di armi.

"Bruno - dice Leonardo Agueci, procuratore capo di Palermo - è stato l'uomo che ha continuato l'attività di Cesare Lupo, arrestato nel 2011. E' lui che ha proseguito nell'attività di sostentamento delle famiglie mafiose. I metodi sono sempre quelli tradizionali con l'imposizione del pizzo, le intimidazioni e lo spaccio di droga".

Nel corso dell'operazione è finito in manette anche Filiberto Palermo, cantante neo melodico, conosciuto nel capoluogo siciliano con il nome d'arte di Gianni Clemente e animatore di feste di piazza.

Questi tutti gli arrestati: Natale Bruno, Giuseppe Bruno, Giuseppe Furitano, Maurizio Costa, Francesco Paolo Valdese, Pietro La Vardera, Vincenzo Di Piazza, Cristian Balistreri, Filiberto Palermo, Patrizio Catanzaro, Giuseppe Cusimano, Mario Iannitello, Claudio Crocillà, Massimiliano Voi, Vincenzo Montescuro, Santo Cozzuto, Egidio Zucchini, Antonio Zucchini.
 
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view post Posted on 19/11/2014, 23:04




Pubblicato: 19/11/2014

lasiciliaweb›› Sicilia›› Preso il nipote di Messina Denaro ...

Preso il nipote di Messina Denaro
Blitz tra Castelvetrano e Brancaccio, arrestati 16 fedelissimi del capomafia latitante. In carcere anche Girolamo Bellomo, curatore degli affari del padrino negli ultimi anni. Tutti i nomi 3 0 Blogger0 Google +0 Commenta
TRAPANI - Si fa terra bruciata attorno al boss latitante Matteo Messina Denaro. I carabinieri del Ros e i colleghi del comando provinciale di Trapani hanno dato esecuzione a un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 16 affiliati ai mandamenti di Castelvetrano, nel Trapanese, e Brancaccio, nel Palermitano. I provvedimenti sono stati emessi dal gip del Tribunale di Palermo.

Gli indagati devono rispondere, a vario titolo, di associazione mafiosa, rapina pluriaggravata, estorsione, sequestro di persona, traffico di sostanze stupefacenti, detenzione, porto illegale di armi ed altri reati aggravati dalle finalità mafiose. L'intervento, in particolare, costituisce una ulteriore fase di un'articolata manovra investigativa avviata dai carabinieri nel 2009, che ha già portato all'arresto di 48 esponenti di riferimento del ricercato trapanese e al sequestro di beni per un valore complessivo di 88 milioni di euro. Si tratta delle operazioni "Campus belli", "Mandamento" ed "Eden".

Le indagini, dirette dal procuratore aggiunto della locale Dda, Teresa Principato, e coordinate dai sostituti procuratori Carlo Marzella e Maurizio Agnello, hanno accertato le ulteriori attività illecite del mandamento mafioso di Castelvetrano, documentando il ruolo di vertice di Francesco Guttadauro, figlio di Filippo e Rosalia Messina Denaro, alla guida della famiglia di Castelvetrano, fino al suo arresto avvenuto nel dicembre 2013.

Guttadauro, con l'autorizzazione formale di Matteo Messina Denaro, anche tramite "pizzini", avrebbe riorganizzato la struttura criminale attraverso nuove affiliazioni e l'avvio di un pervasivo e rigido controllo del territorio attuato con metodi violenti e intimidatori. In particolare, avvalendosi del cognato Girolamo Bellomo e di un agguerrito gruppo criminale, avrebbe dettato nuove modalità operative incentrate anche sulla consumazione di rapine ed estorsioni nei confronti di operatori economici locali, intimiditi con danneggiamenti, percosse e persino sequestri di persona.

Le indagini hanno consentito di accertare il diretto coinvolgimento delle famiglie mafiose di Castelvetrano e Brancaccio di Palermo nella rapina ai danni di un deposito della ditta di spedizioni di Campobello di Mazara, nel Trapanese, rientrante nel patrimonio aziendale della società A.G. Trasporti, recentemente sottoposta a sequestro nell'ambito del procedimento di prevenzione nei confronti dell'imprenditore palermitano Cesare Lupo, indicato come prestanome dei fratelli Graviano, strettamente legati a Matteo Messina Denaro.

L'attività investigativa ha documentato come la decisione di procedere alla rapina fosse, in quell'occasione, determinata dall'esigenza di compensare il danno economico provocato dal sequestro giudiziario e dalla successiva confisca della società. All'interno del clan trapanese è stata registrata inoltre la progressiva ascesa di Bellomo che, allo scopo di far confluire nelle casse della famiglia i proventi necessari al sostentamento logistico del latitante e degli affiliati detenuti, avrebbe esercitato pressioni su alcuni imprenditori di Castelvetrano, per garantire l'aggiudicazione di commesse per lucrose opere edilizie, a favore di società riconducibili ai messina denaro.

Ma non solo. Bellomo avrebbe consolidato i legami con esponenti del mandamento di Brancaccio per la gestione di progetti comuni, quali rapine ed estorsioni, nel quadro di un generale accordo tra le articolazioni mafiose, pianificato dai capi detenuti e latitanti. Inoltre, avrebbe realizzato un traffico di sostanze stupefacenti dall'Albania (nel cui ambito veniva eseguito un intervento di riscontro con il sequestro di 12 chilogrammi di hashish a Torino), avviando contatti diretti con esponenti dei cartelli colombiani per l'organizzazione di una importazione di cocaina dal Sudamerica.

Il provvedimento restrittivo, rendono noto gli inquirenti, "rappresenta un ulteriore e significativo intervento nel quadro della complessiva manovra disposta dalla Procura distrettuale antimafia di Palermo e finalizzata alla cattura di Matteo Messina Denaro, mediante il progressivo depotenziamento dei circuiti criminali e il depauperamento delle risorse economiche del sodalizio".

Questo l'elenco completo degli arrestati: Girolamo Bellomo, Ruggero Battaglia, Rosario e Leonardo Cacioppo, Giuseppe Fontana, Calogero Giambalvo, Salvatore Marsiglia, Fabrizio Messina Denaro, Luciano Pasini, Vito Tummarello, Salvatore Vitale, Gaetano Corrao, Ciro Carrello, Giuseppe Nicolaci, Valerio Tranchida e Salvatore Circello.
 
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°Lilo°
view post Posted on 20/11/2014, 08:16




imponente operazione antimafia in corso a Catania e provincia dall’alba di questa mattina. Le forze dell’ordine stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa su richiesta della procura distrettuale antimafia, nei confronti di 23 indagati per associazione mafiosa, estorsione, illecita concorrenza e intestazione fittizia di beni.

Al centro delle indagini l’infiltrazione di Cosa nostra nei settori dei trasporti marittimi e terrestri, dell’edilizia e della grande distribuzione alimentare. Dalle indagini sarebbero emersi anche rapporti collusivi con imprenditori ed amministratori locali. Sequestrati beni aziendali e quote societarie per circa 50 milioni di euro.
 
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°Lilo°
view post Posted on 13/12/2014, 09:58




CATANIA - All'alba i carabinieri del comando provinciale di Catania, a San Pietro Clarenza (Ct) e Aci Catena (Ct), hanno arrestato 5 affiliati del clan Santapaola-Ercolano, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa da gip del tribunale di Catania su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia.

L'attività trae spunto dall'operazione "Fiori bianchi 2", condotta dall'Arma etnea e coordinata dalla Dda, indagine che comprovò l'efficienza di alcuni gruppi criminali dei quartieri cittadini Monte Po, Villaggio Sant'Agata, Lineri, Picanello, Stazione, San Cristoforo, San Giovanni Galermo, Librino, Civita e Cibali; e in alcuni comuni della provincia: Paternò, Belpasso, Mascalucia, Santa Venerina, Acireale, Fiumefreddo e Riposto, che, sotto l'egida della famiglia Santapaola-Ercolano, esplicavano la propria egemonia criminale attraverso le estorsioni.

Il 10 dicembre scorso il gup del tribunale etneo, in sede di giudizio abbreviato, oltre a condannare gli altri imputati, ha condannato i cinque arrestati a anni 8 di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso.

Il pubblico ministero, essendo i cinque in libertà per un pregresso provvedimento del tribunale del riesame, ha ritenuto opportuno richiederne l'arresto con un nuovo provvedimento. Gli arrestati sono stati tutti rinchiusi nel carcere di Catania Bicocca. Un sesto condannato è ancora ricercato.
 
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°Lilo°
view post Posted on 3/1/2015, 18:12




Solo a fini meramente statistici...ma sempre utili per dare un'idea: almeno...612 arrestati in sicilia nel 2014 per 416 bis et similia ;)

Edited by °Lilo° - 3/1/2015, 18:31
 
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